Platealmente Perfido – In Sala dal 17 Marzo

 

Dopo più di un mese di pausa (durante il quale mi sono persa le uscite più ghiotte e premiate), provo a riprendere le redini di questa rubrica sulle pellicole attualmente in sala in Italia.

 

Fortunatamente la perlina scritta da Nick Hornby ha aspettato me (ah, che kindness), quindi ne parliamo subito dopo il salto assieme ad una cascata di polliciotti gialli fuori allenamento. Non parleremo invece del francese La Corte e del bulgaro The Lesson – Scuola di Vita per mancanza di tempo, e allo stesso tempo ignoreremo gli italiani Bianco di Babbudoiu e Vita Cuore Battito per mancanza di voglia.

 

Ma basta perdere tempo in cappelli, abbiamo tanto di cui indignarci questa settimana.

 

 

Brooklyn

 

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In realtà qui sto barando, dato che ho già visto la pellicola di John Crowley, che tra le tante cose ha diretto anche due episodi della seconda stagione di True Detective. Gioco a carte scoperte ed ammetto quindi che sì, Brooklyn mi ha convinta pienamente, grazie non solo a quella meraviglia di Saoirse Ronan, ma anche alla sceneggiatura di quel furbacchione di Nick Hornby, inglese D.O.C. che qui si diverte a prendere un po’ in giro i cugini irlandesi, ma fa un ritratto degli italiani così tenero che si taglia con uno spaghetto. Basato sull’omonimo romanzo di Colm Tóibín, il film racconta la storia di Eilis Lacey (la Ronan), che per necessità si vede costretta ad emigrare nell’America degli anni ’50 (che tra l’altro “va un casino quest’anno”, cit.) abbandonando la madre e la sorella nella piovosa e bigotta Irlanda. Alle prese con una cultura molto diversa da quella in cui è cresciuta, Eilis faticherà un po’ ad adattarsi al convitto femminile nel quale alloggia ed al lavoro di commessa nel grande magazzino che è riuscita a trovare. Quando la sua storia con l’idraulico Tony, un mangiaspaghetti puro sangue, sembra star per spiccare il volo, un grave lutto la costringerà a tornare a casa ed a mettere in discussione il percorso fatto. Lo so, lo so, messa così non alletta, ma è una storia pucciosissima e coloratissima che tra le tante nomination è riuscita ad accaparrarsi solo il Best British Film ai BAFTA.

 

 

FRANKƐN5TƐ1N

 

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Il Frankenstein di Bernard Rose, dopo un breve passaggio in un paio di festival, negli States è stato relegato direttamente al mercato dell’home video, senza passare attraverso la distribuzione in sala. Non ci faremmo frenare da questo tipo di dati, normalmente, ma in questo caso occorre aggiungere che Metacritic non se lo è mai filato e che Rotten Tomatoes gli appioppa un 100%, sulla base però di cinque misere valutazioni. Con questi presupposti è impossibile argomentare un pregiudizio, quindi ricorro al polliciotto giallo politico e vi annuncio che la creatura viene creata mediante una bio-stampante 3D da Danny Huston (American Horror Story) e Carrie-Anne Moss (che non necessita di presentazioni, ma di un nuovo agente).

 

 

Kung Fu Panda 3

 

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L’uscita del terzo capitolo di questa saga targata DreamWorks sarebbe passata quasi in sordina da noi, se non fosse stato per le polemiche innescate dalle politichette anti-gender allarmate dal fatto che un panda virtuale si ritrovi ad avere due padri, uno adottivo e uno biologico. Che scandalo! No, un attimo, qui il vero scandalo consiste nel fatto che il doppiaggio originale sia stato affidato alle corde vocali di Dustin Hoffman, Bryan Cranston e J.K. Simmons, mentre quello nostrano sia stato consegnato a Fabio Volo. Ci indigniamo sempre per le motivazioni sbagliate, accidenti. Fortuna che la Fiat ha da poco tirato fuori la Kung Fu Panda, va, così stiamo tutti più tranquilli. Metascore a 66, Tomatometer all’85%. Alla regia, accanto a Jennifer Yuh (già regista del secondo capitolo) troviamo Alessandro Carloni, animatore, regista e sceneggiatore che sì, è nato in Italia. Ci indigniamo tutti insieme al mio tre? Spingi (cit.).

 

 

Risen – Risorto

 

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Il poco tempo trascorso dall’aver visto George Clooney dimenticare le parole ai piedi della croce in una scena di Hail, Caesar! dei fratelli Coen non aiuta di certo a prendere sul serio questa pellicola, che di goliardico ha solo la grafica della locandina. Per fortuna posso affogare i miei sensi di colpa paracattolici nei 51 punti appioppatigli da Metacritic e nel 56% affidatogli da Rotten Tomatoes. Amen. La storia la conoscete già e dato che al catechismo prendevo le note è inutile che ve la ricordi io. Alla regia c’è Kevin Reynolds, uno a cui piacciono tanto i polpettoni (Robin Hood: Prince of Thieves, Montecristo, Tristano & Isotta), mentre nel cast ritroviamo il fratellino di Ralph Fiennes (Laurence Laurentz in Ave, Cesare! e tutto torna), Joseph Fiennes, e il papà-patrigno (indigniamoci!) di Fear The Walking Dead, Cliff Curtis. Il polliciotto è giallo solo perché Marcellino Pane e Vino mi mette ancora paura.

 

 

Truth – Il Prezzo della Verità

 

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Nel 2005 Dan Rather, anchorman della CBS (quella di CSI, Criminal Minds e The Mentalist) rassegnò le sue dimissioni in seguito allo scandalo derivante dalla messa in onda di un servizio che metteva in discussione l’appartenenza dell’allora presidente George W. Bush alla Guardia Nazionale Aerea tra il 1972 ed il 1973, durante la guerra nel Vietnam. Ad aver curato quel servizio era stata Mary Mapes, che venne prontamente licenziata per poi raccontare la storia di quella controversia in Truth and Duty: The Press, the President, and the Privilege of Power, scritto alla base di questa pellicola. Alla sua prima prova alla regia troviamo James Vandrebilt, già sceneggiatore di Zodiac (2007, Fincher ♥) e di un sacco di cose tamarre come White House Down, il prossimo Independence Day 3 e qualche Spider-Man di quelli Amazing. L’immancabile Cate Blanchett veste i panni della Mapes, mentre il resto del cast è stato preso di forza da una casa di riposo: Robert Redford, Dennis Quaid e Stacy Keach. Metascore a 66, Tomatometer al 62%. Bah.

 

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6 Comments

  1. Michele Borgogni 16/03/2016
  2. Bara Volante 16/03/2016
  3. Kris Kelvin 17/03/2016
  4. Giampaolo 27/03/2016
  5. Bengiamino Bottone 01/06/2016

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