My Angel, Flung Out of Space…
Todd Haynes è uno che le cose le fa con calma, ma le fa bene: nove anni fa ci aveva deliziato con I’m Not There (Io Non Sono Qui), psichedelico e surreale biopic su di un Bob Dylan dai mille volti, incluso quello della Blanchett; cinque anni fa, passato momentaneamente al piccolo schermo, ci propose quella cosetta controversa ed interessante che è stata Mildred Pierce. Haynes è sinonimo di gusto, eleganza, signorilità, sempre e comunque; eppure di fronte alle sue opere mi sento come davanti al prof. di matematica del liceo: entrambi “dipingono” qualcosa, che sia un’equazione alla lavagna o un movimento sullo schermo, ed entrambi concludono più o meno con un “poi ve lo finite a casa, da soli”.
Su Carol, tratto dal romanzo The Price of Salt di Patricia Highsmith del 1952, tanto si è detto e tanto si è scritto. È partito dagli States sorretto da mille elogi e da un numero spropositato di nomination in giro per il mondo, ma una volta arrivato da noi si è arenato tra critica e blogosfera, che non sembrano averlo apprezzato. Dopo aver fatto cilecca nella cerimonia di assegnazione dei Globes, l’ultima beffa è stata l’esclusione dalle nomination al miglior film per gli Oscar.
Eppure.
L’ultimo lavoro del regista di Velvet Goldmine – ti diranno – “racconta la storia d’amore tra due donne”, ma in realtà ciò su cui si sofferma la macchina da presa è l’esatto momento dell’innamoramento, quel momento così evanescente eppure così dilatato che diventa, nelle mani di Haynes, un costante gioco di fuochi, un sorriso timido sotto uno schiacciante berretto, un paio di guanti di camoscio grigio appoggiati su di un bancone, una mano delicata adagiata su di una spalla.
E sì, Carol pone al centro della narrazione la relazione tra due donne, due donne molto diverse tra loro. Da un lato abbiamo Therese Belivet (una incantevole Rooney Mara), appena ventenne, commessa in un negozio di giocattoli, che vorrebbe fare la fotografa, ma non sa cosa fare e come fare per diventarlo; Therese che non sa esattamente cosa vuole perché dice sempre di sì. Dall’altro lato abbiamo Carol Aird (un’ammaliante Cate Blanchett), una donna matura, borghese, raffinata, cosciente di ciò che vuole e altrettanto consapevole di non poterlo avere, ingabbiata com’è nella sua famiglia e nella sua epoca. Già, perché Carol è ambientato nella New York degli anni ’50, dove l’omosessualità non esiste, ma esistono i disturbi psichiatrici.
Ti diranno che “Carol è lento”. Lo è, ma non si tratta della pesante lentezza di un pachiderma, si tratta della pacata ed effimera eleganza della femminilità. Carol e Therese sono due donne e basta, senza bisogno di banalizzazioni di sorta. Carol e Therese parlano a voce bassa, sussurrano quasi, con delicatezza, accendono le loro sigarette con garbo. Privo di qualsiasi inutile mascolinità è anche il personaggio di Abby (Sarah Paulson), amica di Carol (finalmente un’amica e non solo una vecchia fiamma), protagonista assieme a Harge (Kyle Chandler) dell’unica scena del film che non coinvolge né Carol né Therese.
Ti diranno che “Carol è solo una bella confezione”, ma non è vero: Carol è una bellissima confezione, un film girato in 16mm, squisitamente vintage nella tecnica e nello stile, con una fotografia (quella di Edward Lachman) maniacalmente attenta ad ogni minimo dettaglio. Il risultato è un’esperienza visiva sobria, delicata, appagante ed al contempo destabilizzante, qualcosa di unico, qualcosa di estremamente prezioso.
“Carol è un film senz’anima”, ti diranno anche questo, probabilmente a ragione perché Carol più che un’anima ha un profumo, con le note di testa agrumate dell’infatuazione, il cuore caldo della passione e le note di coda legnose del rimpianto di ciò che non può essere. Ti diranno anche che “il finale non va bene”, perché così, sospeso a mezz’aria, non fa che accentuare la grazia di quest’opera.
Ti diranno infine che “Carol è un film distante”. Lo è. È distante anni luce da banalità, faciloneria e riduzioni semplicistiche. E nonostante questo costante elogio della femminilità, incantato come sarai dalla raffinatezza della messa in scena e dalla complessità dell’impianto narrativo, solo alla fine ti renderai conto di esserti dimenticato che l’amore tinteggiato sullo schermo, quello tra Carol e Therese, è l’amore tra due donne.
Ma tutto questo io e te lo realizzeremo dopo, “a casa, da soli”.
E ti confido una cosa: in questo caso Haynes, proprio come il prof. di matematica del liceo davanti agli integrali, mi ha fatto piangere.
Post Correlati:
Carol (U.S.A. 2015)
Regia: Todd Haynes
Basato su: The Price of Salt di Patricia Highsmith
Sceneggiatura: Phyllis Nagy
Fotografia: Edward Lachman
Montaggio: Affonso Gonçalves
Musiche: Carter Burwell
Cast: Cate Blanchett, Rooney Mara, Sarah Paulson, Kyle Chandler et al.
Genere: romantico, drama, equazioni di secondo grado
Data d’uscita italiana: 5 gennaio 2016
Se ti piace guarda anche:
I’m Not There (2007), Brooklyn (2016).
Riconoscimenti e Nomination | ||
Golden Globes Awards 2016 (Qui le nomination) | Miglior Film Drammatico | Nominato |
Regia (Todd Haynes) | Nominato | |
Attrice – Film Drammatico (Cate Blanchett e Rooney Mara) | Nominato | |
Colonna Sonora Originale | Nominato | |
BAFTA – British Academy Film Awards 2016 (Qui le nomination) | Miglior Film | Candidato |
Regia | Candidato | |
Attrice Protagonista (Cate Blanchett) | Candidato | |
Attrice Non Protagonista (Rooney Mara) | Candidato | |
Sceneggiatura Non Originale | Candidato | |
Fotografia | Candidato | |
Scenografia | Candidato | |
Costumi | Candidato | |
Acconciature e Trucco | Candidato | |
OSCAR – Academy Awards 2016 (Qui le nomination) | Attrice Protagonista (Cate Blanchett) | Candidato |
Attrice Non Protagonista (Rooney Mara) | Candidato | |
Sceneggiatura Non Originale | Candidato | |
Fotografia | Candidato | |
Colonna Sonora Originale | Candidato | |
Costumi | Candidato |
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"Carol" ha senza dubbio una bellissima confezione, ma dentro secondo me c'è pochino pochino… tolte le interpretazioni delle due protagoniste, la storia è piuttosto ordinaria e priva di slanci. Il finale (anzi, i finali) sono all'insegna del "politically correct", con l'occhiolino strizzato agli oscar. Non è certo un brutto film, ma mi aspettavo molto di più.
Beh, visti i nomi in ballo era lecito aspettarsi tanto.
Però proprio l'ordinarietà della storia (non per l'epoca in cui è ambientato) e il finale sospeso a mezz'aria per me rappresentano punti a favore: le grandi tragedie e i "vissero felici e contenti" hanno già invaso il mondo. Qui abbiamo di fronte un racconto pacato e verosimile dello spaccato di vita di due donne, tutto qui. A me è bastato. 🙂
Bellissimo post, ma sai già. Non nego che visivamente sia elegantissimo – queste sono le cose belle, non i virtuosismi di Ale-ale-jandro -, però mi è mancata la carne. Ecco. Mi spiego? Non c'è passione. E, per me, c'è anche poco amore. Al patinato, a questo punto, preferisco gli arrovellamenti di stomaco di Ang Lee e Kechiche. E con Freeheld, con la Moore e la Page, nonostante la fattura un po' telesiva, la lacrimuccia c'è scappata sì. 😉
Grazie mille, Mr.
Io di passione (come è ovvio) ne ho trovata a palate.
Si tratta di una passione sussurrata e sempre trattenuta, fatta di sguardi insistenti e sorrisi spaventati. E l'attesa della passione non è essa stessa la passione? 🙂
Seriously, è tutto soggettivo, lo so.
Ho trovato, ripensandoci, l'immagine adatta per (ri)dire la mia. Era come se la Blanchett dicesse alla Mara: non ti pomicio duro, perché ti sconcio i bei boccoli, freschi di parrucchiere.
Che poeta.
Quest'immagine rende l'idea più di mille parole e non posso nemmeno trovare il modo di confutarla, perché sì, né la Blanchett né la Mara sono sboccolabili. Facciamo che è una passione sottile quanto un capello, ti va?
Concordo con te, devo dire che questo film ha tutto per non piacermi, eppure ha due cose buone e giuste portate avanti bene, che lo rendono un gran titolo da vedere 😉 Cheers!
E dire che a me è sembrato proprio facilone e melenso :/
Corro a leggere la tua opinione ma sappi che non riuscirai a farmi cambiare idea. 😀
Concordo in pieno.
Un film molto "radical" che invece mi ha conquistato proprio con la passione, prima ancora che la confezione.
Parole sante, Bro'.
questo film ha un sacco di elementi interessanti nonostante il melodramma non sia il mio genere preferito… :-)devo assolutamente recuperarlo
A quanto pare è un film che ha diviso, aspetto la tua opinione e spero di averti nella mia squadra. 😉
Haimé io rientro nel simpatico coro dei "Ti diranno che" di Carol. Curioso e or dunque costruttivo vedere lodati gli aspetti che per me sono ciò che rende questo film decisamente non riuscito. La passione per me in questo film è così sussurrata che io non l'ho udita. L'ho rintracciata nel primo incontro tra le due ma per il resto no. L'ho trovato davvero un film poco coraggioso, troppo patinato e pettinato.