Power is Power
La prima stagione di House of Cards, nella sua nitida spietatezza, ci aveva lasciati di stucco: Frank Underwood, incavolato nero con i membri del suo stesso partito per averlo defraudato della carica di Segretario di Stato promessagli, dà il via ad un feroce e accanito boicottaggio dei suoi stessi alleati. Non esiste la politica, esistono invece il successo, il denaro, la popolarità, ma soprattutto esiste il potere. Power is power. Peter Russo e Cercei Lannister possono confermare. E’ con la stessa crudeltà e la stessa assenza di scrupoli che si apre questo secondo secondo giro di giostra: un evento, quell’evento, che, per quanto prevedibile, promette grandi cose. Una promessa, però, che la seconda stagione di House of Cards non riesce a mantenere.
Stilisticamente ineccepibile grazie alla regia principale di James Foley (cui si associano, per un episodio a testa, anche Jodie Foster e Robin Wright), alla fotografia di Eigil Bryld ed alle musiche di Jeff Beal, anche questa seconda stagione di House of Cards può affidarsi completamente alle interpretazioni di due pezzi da novanta: Kevin Spacey (Frank Underwood) continua i suoi inquietanti monologhi con la macchina da presa, prendendosi gioco dello spettatore così come dei suoi avversari; Robin Wright (Claire Underwood), algida e distante come sempre, mantiene imperterrita il suo aplomb ed il suo posto accanto al marito. D’altra parte, si sa, gli sciacalli scelgono un compagno per la vita.
Eppure questi nuovi capitoli sembrano peccare di presunzione proprio nel riempire i vuoti da loro stessi creati. Mentre nella prima stagione la dipartita di Peter Russo (Corey Stoll) era inaspettata e cattiva, in questa seconda stagione i cadaveri lasciati indietro da Frank, sia letteralmente che metaforicamente, aumentano al punto tale da non essere più elemento di sorpresa e da creare una sorta di vuoto narrativo, una zona d’ombra attorno ad Underwood ed alla sua scalata per i potere. Se da un lato alcune storyline secondarie convincono, come quella di Claire alle prese con il suo passato tra menzogne e violenze, e quella di Gavin (Jimmi Simpson), hacker ambiguo ed enigmatico con cui avremo nuovamente a che fare nella terza stagione, dall’altro personaggi e situazioni non convincono: Jackie Sharp (Molly Parker), inizialmente candidata ad antagonista quasi costruttiva di Frank, passa entro breve allo stato di banderuola amorale ed arrivista, la relazione tra Doug Stamper (Michael Kelly) e Rachael (Rachel Brosnahan) risulta annebbiata e priva di senso logico, il personaggio di Lucas Goodwin (Sebastian Arcelus), giornalista, collega e amante di Zoe (Kate Mara) non appare sufficientemente credibile. Mentre Frank avanza nella sua scalata verso il potere, i personaggi attorno a lui perdono di spessore: l’impressione che se ne ha, appunto, è che la sceneggiatura non riesca a rifornire di nuovi personaggi la serie, finendo con il disseminare questa stagione di riempitivi privi di ragione e originalità, uno su tutti l’inutile ménage à trois che chiude l’episodio 10, Chapter 23.
Pur volendo accettare le storyline secondarie come mero e cinico riempitivo, però, non si può tracurare la successione di eventi poco plausibili che travolge lo snodo principale, ovvero la sete di potere di Frank Underwood. Nel mettere in pratica il suo machiavellico piano, Frank, come in un videogioco, dovrà fronteggiare una serie di oppositori, il cui “mostro finale” dell’ultimo livello è rappresentato da una First Lady (Joanna Going) stupidottola e credulona ed un Presidente degli States (Michael Gill) suggestionabile come un bambinetto. Il risultato è un insieme di manovre che, se nella prima stagione, per quanto azzardate, rappresentavano una novità, in questa seconda appaiono piuttosto noiose e supponenti.
Per cui, quando Frank Underwood batte nuovamente le nocche sul tavolo, su quel tavolo, nel season finale di questa seconda stagione (Chapter 26), il castello di carte crolla e resta nell’aria solo l’odore acre delle altissime aspettative deluse.
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House of Cards – Season 2 (U.S.A. 2014)
Ideato da: Beau Willimon
Basato su: House of Cards di Michael Dobbs
Sceneggiatura di: Beau Willimon, Andrew Davies, Michael Dobbs, Bill Kennedy et al.
Regia di: James Foley, Carl Franklin, John David Coles, Jodie Foster e Robin Wright
Cast: Kevin Spacey, Robin Wright, Michael Kelly, Michel Gill, Jimmi Simpson et al.
Genere: drama, political thriller, sciacalli
Programmazione in U.S.A.: il 14/02/2014 su Netflix
Programmazione in Italia: in autunno su Sky Atlantic
Se (proprio) ti piace guarda anche:
Margin Call (2011), The Ides of March – Le Idi di Marzo (2011).
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Lo dirò in maniera volgare e mi scuso anticipatamente: a me questa 2 stagione mi ha ingrifato da paura. Il finale che volevo: lui che batte le nocche sul tavolo con uno sguardo da far paura pure a un leone.
La terza stagione sarà una dura lotta per il mantenimento del potere. Confido negli sceneggiatori, nel bravissimo Foley e ovviamente negli attori (che dubito deluderanno).
La seconda stagione ha peccato per un inizio strano, inquietante, che ha voluto rendere Frank diverso da quello che è. Da personaggio machiavellico, quasi un Riccardo III, a un villain fin troppo classico. Per fortuna la seconda parte della serie è decisamente migliorata, tornando alle macchinazioni politiche sublimi che mi avevano già fatto apprezzare la prima. Sono molto ottimista per la terza (e spero ultima)!
Ciao Ester
sono passata per dirti che ho appena pubblicato un post per rispondere alla tua domanda "Smartphone Android: cosa occorre fare in caso di furto o smarrimento?"
Per altre domande sono a tua disposizione.