Quando il Futuro Passa dall’Essere una Promessa all’Essere una Minaccia
Giusto qualche giorno fa ho fatto tutto un panegirico sull’evoluzione e l’utilizzo, negli ultimi anni, della figura dello zombie, tirando come sempre in ballo la infinitamente bella miniserie inglese In The Flesh, che finché avrò blog e dita non mi stancherò mai di consigliare. Perché se c’è una caratteristica che mi conquista sempre è l’utilizzo di un contesto horror per raccontare tutt’altro. Nel caso di Maggie, infatti, l’escamotage del contagio mortale viene usato per indagare speranze disattese, sogni infranti, sentimenti straziati ed un corpo troppo giovane martoriato dalla malattia.
Mai più ingannevole fu, difatti, il titolo italiano, che declassa il nome della protagonista in favore di un più commerciale e sibillino Contagious: Epidemia Mortale. Sì, ci sono gli zombie, ma si contano sulle dita di una mano, e sì, c’è un’epidemia ed è mortale, ma il centro della narrazione, il nucleo che catalizza attenzione e sentimenti dello spettatore è proprio lei, è proprio Maggie.
Maggie è solo un’adolescente. Un’adolescente che però sa di dover rinunciare alla vita adulta, sa che quei baci saranno i primi e gli ultimi, sa che quel saluto con la sua migliore amica ha il sapore di un addio, sa che, avendo perso la madre tempo addietro, dovrà entro breve rinunciare anche al padre, per il bene di entrambi.
Perché Maggie è stata graffiata da uno zombie e presto, più presto del previsto, anche lei diventerà un mostro. Ma non siamo in uno zombie movie, la trasformazione non sarà istantanea e non ci sarà nessuno pronto a farla fuori armato di machete o di pistola. Esiste invece un periodo di incubazione, esiste un protocollo statale, esistono delle visite mediche obbligatorie e dei centri per la quarantena dove si viene spediti quando non c’è più niente da fare, quando non hai più niente da dare.
Prima dell’addio definitivo a se stessa e al mondo, Maggie ha quindi la possibilità di trascorrere poche settimane a casa, nella sua casa, dove il padre Wade e la matrigna (che cattiva non è) sono stati preparati ed informati su ogni evenienza e dove i fratellini più piccoli non possono rimanere, perché lei, Maggie, è pericolosa.
Vediamo il suo corpo cambiare giorno dopo giorno ed i suoi occhi spegnersi di quella luce che dovrebbe brillare nelle iridi di chi ha una vita davanti. È il viso di Abigail Breslin, ex bambina di Signs e Little Miss Sunshine, a conquistarci ed a guidarci al momento esatto in cui Maggie realizza che il suo futuro è passato dall’essere una promessa all’essere una minaccia.
Per sé. Per i suoi cari. Per gli altri.
Arnoldone (Arnold Schwarzenegger, anche produttore) dal canto suo fa quel può, non essendo certo tra gli interpreti più espressivi del pianeta. Tuttavia, volenti o nolenti, siamo abituati ad associare la sua fisicità alla figura dell’uomo invincibile, di quello che – toh! – ti solleva un camion con una sola mano, e rivedere quella stessa marmorea fisicità, non priva di rughe, nel ruolo di un padre impotente – che può sì imbracciare un fucile per allontanare dalla sua creatura le autorità, ma non può prendere a cazzotti un virus – non fa che amplificare questa tremenda incapacità di reagire.
Con la regia delicata di Henry Hobson, che, alla sua opera prima, non cerca mai l’eccesso né nella necrosi né nella lacrima, e con la fotografia di Lukas Ettlin, che contrappone interni e primi piani desaturati e plumbei a paesaggi nitidi e vitali, Maggie non è certo privo di difetti. La sceneggiatura di John Scoot III, alla sua prima scrittura, abbozza appena tematiche interessanti (il contagio, la quarantena) e dipinge frettolosamente alcuni personaggi di sfondo, come quello di Caroline (Joely Richardson), matrigna affettuosa e razionale, di cui avremmo voluto sapere di più.
O forse no, forse avremmo fatto e detto qualsiasi cosa per prolungare la vita di Maggie, per tenerla con noi, per ritardare quella decisione in qualsiasi caso dolorosa e irreversibile. Perché basta anche solo una frase, un “non senti odore di cibo?” a smuovere diverse sfere emozionali, dallo scherno iniziale alla paura, dalla paura alla triste rassegnazione.
Lento, lentissimo, come è giusto che sia, Maggie racconta di una malattia che ti logora dall’interno senza lasciarti scampo e di una decisione – quel tipo di decisione che non si vorrebbe prendere mai – affidata alla persona più cara, alla persona che dovrà poi conviverci.
Maggie non è uno zombie movie, non è un body horror, non è un film in cui Schwarzy solleva un camion con una mano. Maggie è un film onesto, profondo e imperfetto, è un film con un’anima grande così.
(Di sicuro più del camion).
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Maggie – Contagious: Epidemia Mortale (U.S.A. 2015)
Regia: Henry Hobson
Sceneggiatura: John Scott III (o 3, secondo IMDB)
Fotografia: Lukas Ettlin
Musiche: David Wingo
Cast: Abigal Breslin, Arnold Schwarzenegger, Joely Richardson et al.
Genere: horror atipico, post-apocalittico intimista, camion
Se ti piace guarda anche: In The Flesh (Stagioni 1 e 2).
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Bellissimo commento, e concordo con te, è un film per cui bisogna assimilare la metafora, vergognoso come hanno cercato di venderlo in uno strambo Paese a forma di scarpa 😉 Cheers!
Grazie mille!
Già, e pensare che inizialmente, leggendo quel titolaccio lì, ci ero cascata anch'io e stavo quasi per farmelo scappare… Titolisti italiani furbacchioni.
A me non ha convinta! Sarà che io non sono da film lenti e silenziosi, che mi emoziono con le parole ben assestate… che poi non è vero: certi silenzi hanno fatto storia. Ma questo mi ha un po' annoiata, non ha saputo emozionarmi.
Poi aspettavo la fortissima analogia, ma secondo me un po' si perde e questo mi ha indispettita. 🙂
Io invece sono stata conquistata proprio dalla metafora sottaciuta. E sì, ovviamente da quel finale: te lo aspetti, hai valutato le possibilità, ma nonostante questo quando arriva non ti lascia scampo.
Sarà anche che io non familiarizzo coi film di zombi e coi film molto introversi immagino.
p.s.: se hai voglia e tempo per questo sei stata nominata qui http://comeneifilm.blogspot.it/2015/07/boomstick-award.html
Per carità, ognuno ha il suo gusto e una propria sensibilità. Probabilmente Maggie non ha pizzicato le tue corde, mentre ha toccato le mie.
Grazie mille per la nomination, appena possibile cercherò di cimentarmi anch'io nell'impresa. Nel frattempo, ancora grazie e grazie!
Bellissimo post e splendida chiusura.
Concordo in tutto e per tutto.
Grazie infinite, Mister.
Ad averne di pellicole così.
Concordo con te e con i complimenti di Ford, sopra.
E io mi annoio subito, ma non mi ha annoiato per nulla – ci ho sguazzato nei loro silenzi.
E Arnold? Quando bene gli ho voluto?
Grazie mille!
Hai ragione, nessuna noia, mai: solo tanta delicatezza mista a una sofferenza quasi reale. E se persino Schwarzy appare delicato, allora 'sto film ha fatto o' miracolo.
Mi unisco al coro dei complimenti per il bellissimo post, e unisco anche il mio apprezzamento nei confronti di questo piccolo, coraggioso film! 🙂
La Breslin è semplicemente meravigliosa… anche Arnold, però, mi ha colpito: si vede che il copione lo ha coinvolto molto, ce l'ha messa davvero tutta per fare un buon lavoro, stavolta, secondo me! ^____^
Grazie infinite, Sophie.
Vero, è un film piccolo e coraggioso. La Breslin la adoro da quando era uno scricciolo tra le braccia di Mel Gibson.
Arnoldone, beh, lo adoro "un tantinello" di meno, ma riconosco il lavoro che ha fatto per questa interpretazione. Oltretutto, dato che ci ha messo pure i soldi, ci ha creduto davvero e non possiamo fare altro che ringraziarlo per questo.
Davvero una piccola sorpresa di film!
Già. E pensare che stavo per cascare nella trappola del titolo italiano e passare oltre (col camion).
Brava. Brava. E ancora brava. Ci ritrovo molte delle mie osservazioni, ma messe nero su bianco in maniera molto più lucida, ordinnata e piacevole da leggere di quanto sia riuscito a fare io 🙂
Molto ben scritta soprattutto la parte su Schwarzy, complimenti.
Ciao e benvenuto!
Grazie mille per le tue parole.
Effettivamente Schwarzy che solleva un camion è un'immagine forte, un'immagine che lascia il segno. 🙂
Vado a leggere il tuo post su questo piccolo film dal cuore grande di là, allora.
E benvenuto in questo mondo, che ha sempre bisogno di una voce nuova.
Grazie per il benvenuto 🙂
E' un peccato che mi sia allontanato dal cinema in uscita, significa che avrò un sacco di roba da dover recuperare e questo film è nei primi posti.
Bellissimo quanto hai descritto in questo post, grazie!
Grazie a te, conterraneo/a! 🙂