Fire Doesn’t Cleanse, It Blackens.
Questo misero post fa fieramente parte dell’iniziativa Notte Horror, ideata da Babol de Il Bollalmanacco di Cinema ed entusiasticamente accolta dall’associazione Cineblogger Riuniti per il Sangue (no, quest’ultima cosa non è vera). A partire da inizio luglio, comunque, diversi blogger si sono cimentati con la recensione di un film horror a scelta per sopperire alla carenza di programmazioni, cinematografiche e televisive, di genere. Dopo il salto troverete la locandina ufficiale dell’evento riportante titoli e blog, mente qui trovate il link del buon Nico Donvito, che oggi, quasi in contemporanea, ha trattato Cose Preziose sul suo 50/50 Thriller. Ma adesso proviamo a parlare di Silent Hill, anche se…
…anche se è davvero complesso parlare di questa pellicola. Tanto per cominciare, io il post volevo aprirlo con il nome di quel disturbo del sonno che fa sì che la mente del dormiente continui a lavorare, facendo ciò che stava facendo prima di andare in stand by. E’ una sindrome che ha un nome (io ne sono certa, Google non tanto) e che io ho sperimentato per la prima volta dopo aver giocato al videogioco Silent Hill (1999) e che in seguito ho provato anche con cose ben più spaventose, tipo la chimica organica (ma questa è un’altra storia). Sta di fatto che il videogame della Konami, anche in quella grafica oramai promordiale, rappresentava il totale distacco dalla realtà: le sirene, le frequenze radio disturbate, i versi dei volatili e quelli di quelle disturbanti creature deformi rappresentavano un uso del sonoro in grado di immergere il giocatore in una dimensione a parte, quella di Silent Hill, appunto. Il guaio è che questo post non dovrebbe vertere su Silent Hill il videogioco, ma su Silent Hill il film di Christophe Gans del 2006, che tra l’altro ha generato un altro mostro, Silent Hill: Revelation 3D, nel 2012.
Distaccandosi dalla trama del videogame, la pellicola racconta la storia di Rose e Christopher Da Silva (Sean Bean), genitori adottivi della piccola Sharon (Jodelle Ferland), bambina che, avendo i capelli scuri, lisci e lunghi, ha ovviamente qualcosa che non va, difatti, nei suoi episodi di nottambulismo, invoca il nome di Silent Hill, cittadina tetra, misteriosa ed apparentemente abbandonata. Mentre il papà gliene fottesega (d’altra parte lui è Ned Stark, ha altro per la testa…), la madre decide deliberatamente e incoscientemente di portare Sharon a fare una gita con il pranzo al sacco a Silent Hill. Giunta nella cupa cittadina, Rose (Radha Mitchell) incontra la poliziotta stangona-poppona Cybil Bennett, senza sapere che lei non è altri che Andrea di The Walking Dead (Laurie Holden) e – come ogni buona madre che porta la figlia con i capelli scuri, lisci e lunghi a fare una gita con il pranzo al sacco in una cittadina fantasma – si perde Sharon.
Quel che segue sono circa cento minuti di suoni inquietanti e mostri disturbanti: mostri antropomorfi, mostri bambini antropomorfi, mostri infermiere antropomorfi, mostri bidelli pedofili antopomorfi e… e Pyramid Head, pellamiseria. Il. Male. Pyramid Head – che in realtà ha preso vita nel secondo capitolo del gioco, in rappresentanza di un concentrato di senso di colpa e frustrazione sessuale – fa paura in qualsiasi salsa, soprattutto se fuori dalla chiesa strappa via la pelle ad Anna come fosse una guaina e poi getta via Anna e la pelle. Pyramid Head è, in quell’animo sensibile e sanguinario che mi ritrovo, una delle figure che più mi abbia suggestionata in assoluto, secondo solo – probabilmente – a quello là che scende giù in Marcellino Pane e Vino (ma questa è un’altra storia).
Nel suo angosciante corpo centrale, Silent Hill si nutre di meticolosi riferimenti estetici al videogame: dalle strade alla scuola, dall’ospedale alla chiesa, ogni ambientazione ricalca quella originaria, mentre la regia di Christophe Gans sembra voler emulare, persino nelle inquadrature, la visuale di gioco. Uno stile, questo, che compiace lo spettatore già giocatore della serie per Play Station e che affascina lo spettatore meno videoludico. L’estetica del film è inoltre supportata da un uso intelligente degli effetti speciali (i movimenti scoordinati ed esasperati dei mostri sono resi da ballerini professionisti) e dalla fotografia cinerea del danese Dan Laustsen – e lui di bambine con i capelli scuri, lisci e lunghi se ne intende (e anche di cioccolato).
Quello in cui inciampa la pellicola, invece, è proprio la sceneggiatura di Roger Avary, che nella prima parte si affida alla spasmodica e confusionaria ricerca di Sharon senza fornire spiegazioni sufficienti ai non giocatori, mentre nella conclusione si scatena nello spiegone degli spiegoni: prolisso e teatrale, inutilmente istrionico, eccessivamente violento, ineluttabilmente serioso, il finale di Silent Hill è talmente dimenticabile da restare impresso e schedato nella memoria. Alla voce “come non far finire un film”.
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Silent Hill: Revelation 3D (2012, Michael J. Bassett) 
Silent Hill (U.S.A. – Japan – Canada – France 2006)
Regia: Christophe Gans
Sceneggiatura: Roger Avary
Fotografia: Dan Laustsen
Musiche: Akira Yamaoka e Jeff Danna
Cast: Radha Mitchell, Laurie Holden, Jodelle Ferland ma soprattutto Sean Bean
Genere: horror, pyramid head pellamiseria
Data d’uscita italiana: 7 luglio 2006
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The Ring, Dark Water, The Possession e qualsiasi film in cui ci sia una bambina con i capelli scuri, lisci e lunghi.
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Hanno precedentemente partecipato all’iniziativa Notte Horror 2014:
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Film dal fascino gigantesco. E a me, lunghissimo eppure nebuloso, anche il finale fa impazzire! Nel secondo ecco spiegato tutto, ed ecco svanito l'interesse.
Anche il finale? Persino il finale? Lo dici per paura di Pyramid Head, vero? 🙂
L'ho sempre trovato decisamente inutile.
E anche noioso, per molti versi.
Considerato il videogioco, mi aspettavo molto di più.
Dopo la prima visione la pensavo anch'io così, poi man mano (in tv quest'anno ci hanno dato dentro) ho imparato a scinderlo da quel caposaldo che è il videogioco. Oppure mi ci sono semplicemente assuefatta.
Ho sempre amato moltissimo questo film: le atmosfere, i personaggi, gli effetti visivi, le inquietanti infermiere-zombie XD, i riferimenti al videogioco, il bellissimo legame fra la piccola Sharon e la sua "vera" madre, vale a dire quella che l'ha allevata e cresciuta amandola sopra ogni altra cosa… Lo riguardo sempre volentieri! ^_____^
Anch'io quando lo becco in tv mi ci soffermo… fino ad un attimo prima del finale: quando parte l'organo (l'organo!) cambio canale. 🙂
Ho amato moltissimo il videogame di Silent Hill, il film un po' meno. Ho aggiornato il mio post inserendo i tuoi link e ho anche preso in prestito i link degli altri 🙂 😉
Grazie per i link!
Vero: il film si porta dietro l'eredità del videogioco e non riesce a reggerne il peso…
Essendo un amante del videogame (SH 2 è un'opera d'arte e SH 3 è bellissimo) ho sempre avuto timore ad avvicinarmi alla pellicola proprio perché non avrei sopportato il suo distaccarsi dal videogame.
Magari un giorno darò al film una possibilità.
Trovo difficile trovare un termine di paragone all'ansia che mi metteva SH3, effettivamente. Il film non ci si avvicina neanche lontanamente, purtroppo.
Non sono mai stato un appassionato di videogames ma quello che avevo sentito circa Silent Hill ricordo che ai tempi rischiò di farmi capitolare. Un grande bel film, ricco di atmosfere inquietanti che non ti lasciano tregua. Non lo accosterei però ai J-horror che hai citato in chiusura, nonostante la bambina dai lunghi capelli neri.