La Notte dei Morti Viventi (aka Night of the Living Dead) è un film horror del 1968 scritto e diretto da George A. Romero ed interpretato da Duane Jones, Judith O’Dea e Karl Hardman.
La Notte dei Morti Viventi, la recensione del film: un doveroso omaggio a George Romero, l’ometto occhialuto che per primo, proprio con questo film, ha portato lo zombi nelle case del grande pubblico
Credevamo che il 2016, con il suo carico di dolorose dipartite, fosse insuperabile. E invece…
Invece questo 2017 ci ha già portato via tre registi -ma che dico registi, colossi- cui personalmente tenevo molto. Il primo ad andarsene è stato Jonathan Demme, geniale mente dietro quello che è forse il miglior thriller mai girato, Il Silenzio degli Innocenti. È più recente la notizia della perdita di Tobe Hooper, ideatore di quel Leatherface (Non Aprite Quella Porta, 1974) che poi abbiamo visto in tutte le salse ma che -ehi- conserva sempre il suo carico di terrore e ribrezzo.
Nel mezzo, poco più di un mese fa, a lasciarci soli su questa terra è stato un ometto dagli occhialoni quadrati ed il sorriso sornione, un giovanotto che gli amanti dell’horror non possono non adorare. Sì, parlo di George A. Romero, il maestro, il sommo, colui che per primo ha portato gli zombi nelle case del grande pubblico. Beh, in senso figurato, per fortuna.
È proprio a lui, a George Romero, che la solita combriccola di cineblogger dedica questa giornata tributo, Blog of the Dead, secondo la programmazione che trovi in coda a questo post. Come avrai capito, in questi lidi si affronta La Notte dei Morti Viventi, la sua opera prima, le fondamenta dello zombie movie per come lo conosciamo oggi.
La trama de La Notte dei Morti Viventi
Pennsylvania. Barbara e suo fratello Johnny sono in visita alla tomba del padre quando vengono attaccati da uno strano uomo, affamato di carne umana, che riesce ad uccidere Johnny. Barbara fugge via e riesce a trovare rifugio in una casa colonica poco distante. Poco dopo in quella stessa casa irrompe Ben, anch’egli in fuga da quelle strane creature, lente e fameliche. Mentre Barbara è in preda al panico, Ben si occupa di mettere in sicurezza la casa, sprangando porte e finestre.
È così che altri due uomini escono dalla cantina dove erano rifugiati. Si tratta di Tom -che è assieme alla fidanzata Judy- e di Harry Cooper, che è lì in compagnia della moglie e della figlia Karen, gravemente ferita dal morso di una quelle mostruose creature. La situazione tra Ben e Cooper si fa subito tesissima: mentre Ben propone di restare al piano di sopra e preparare una eventuale via di fuga, Cooper vorrebbe barricarsi in cantina con armi e provviste. La diatriba cessa quando dal televisore viene annunciata l’esistenza di centri di assistenza gestiti dal Governo. A quel punto l’eterogenea combriccola pianifica un disperato tentativo di mettersi in viaggio.
Sceneggiatura, riprese e produzione
Oggi parleremmo di film low-budget, ma la produzione dietro l’opera prima di Romero va ben oltre quella definizione impersonale. La Notte dei Morti Viventi fu prodotto dalla Image Ten, fondata da Romero (all’epoca ventottenne) ed altre nove persone (tra cui il co-sceneggiatore John Russo), ognuna partecipe con un capitale di 600 dollari. Il film, infatti, originariamente avrebbe dovuto costare appena 6.000 verdoni. In realtà, a conti fatti e film finito, il costo ammontava a venti volte la cifra inizialmente pensata, ma rimaneva comunque ben al di sotto del costo medio di un film dell’epoca.
La stessa scelta di Romero di girare in 35 mm in bianco e nero venne dettata proprio dall’assenza di fondi più che dalla volontà di omaggiare il cinema anni ’50. Molti membri del cast si ritrovarono a ricoprire un doppio ruolo, per poter portare a termine il film. Ad esempio, Karl Hardman, interprete del fastidioso Cooper, si occupò anche del trucco. Ecco, in questo caso “trucco” è una parola forte, dato che parliamo di effetti speciali rudimentali, realizzati in economia e… sciroppo.
Sceneggiatura e copione furono modificati più e più volte durante le riprese. I dialoghi di Ben (Duane Jones) vennero spesso adattati al carattere dell’attore ed il personaggio di Barbara diventò ciò che è (una donnetta perennemente isterica) proprio perché alla sua interprete, Judith O’Dea, riusciva particolarmente bene.
L’influenza di Io Sono Leggenda di Richard Matheson
Più volte il nostro Romero ha palesemente ammesso di essersi ispirato al romanzo di Matheson del 1954 per la stesura della sceneggiatura. Ora se credi che il romanzo abbia anche solo qualcosa a che fare con l’omonimo film del 2007 con Will Smith che sgomma in mezzo alle liane, chiudi tutto e corri in libreria. Oppure lascia tutto aperto, ma scaricati l’ebook. Perché con Io Sono Leggenda parliamo di uno dei capisaldi della cultura horror attuale, parliamo dell’origine dei “mostri” (nel romanzo sono vampiri) come metafora del cambiamento della società.
I paralleli tra le due opere sono davvero tanti, a cominciare dal concetto di casa come unico luogo sicuro e passando per l’utilizzo della radio, prezioso mezzo di aggiornamento sulla situazione esterna. Ironia della sorte, a Matheson La Notte dei Morti Viventi non piacque.
Un protagonista di colore?
Ad interpretare Ben è Duane Jones, un attore afroamericano che, a giudicare dalle successive interviste, non ha mai davvero realizzato l’importanza del suo ruolo in questo film. Non era così consueto, all’epoca, vedere in un ruolo primario un attore di colore (a meno che non si facesse chiamare “Mami”…). Più volte al nostro Romero è stato chiesto il perché di questa scelta insolita e più volte lui ha risposto che Jones aveva semplicemente fatto il provino più convincente.
È questa una delle cose che più adoro di Romero: la sua scelta di casting ha generato una serie di ipotesi e congetture alle quali non ha mai dato né conferme né smentite. Possibile che Romero abbia messo per puro caso un eroe di colore a guida di un gruppo di (stupidi) bianchi?
Il Vietnam, la guerra fredda, il capitalismo… e il sogno americano
Possibile che tra tutte le chiavi di lettura man mano attribuite a La Notte dei Morti Viventi, nessuna fosse voluta, pensata, pianificata? No, non è possibile. È palese -lo abbiamo visto poco fa- che Romero non avesse ben chiaro il suo obiettivo dall’inizio, ma è altrettanto indubbio che in itinere abbia disseminato il suo lavoro di significati e simbolismi.
Non dimentichiamoci che il film è stato girato a cavallo tra il 1966 ed il 1967, per essere poi distribuito nel 1968, poco dopo l’assassinio di Martin Luther King. Parliamo -per dirla in un modo che piacerebbe a zio Stephen- di un “momento spartiacque della storia”. La guerra in Vietnam è all’apice del suo sanguinoso conflitto. Robert Kennedy, fratello di John, viene assassinato. Nixon sta per essere eletto presidente. Il sogno americano sta andando a farsi friggere in pastella.
Patrick Wilson (Gufo Notturno) e Jeffrey Dean Morgan (il Comico) in una scena di Watchmen (2009) di Zack Snyder. Lo stesso Snyder ha diretto nel 2004 L’Alba dei Morti Viventi, remake del film Zombi di Romero (1978).
E Romero ke fa?!1!
Beh, Romero porta gli stereotipi al massacro. Barbara altri non rappresenta che la borghesia, vulnerabile ed isterica, incapace di reagire al cambiamento. Cooper è il conservatorismo patriarcale, impantanato sulle sue posizioni e pronto a qualsiasi crudeltà pur di mettere in salvo la sua famiglia. Tom e Judy -i miei preferiti- sono giovani e pieni di buoni propositi, ma altrettanto inesperti ed impacciati, del tutto inadeguati nel prendere in mano la situazione.
E poi c’è Ben, un nero (anche se nessuno sembra accorgersene), l’unico che cerca di mettere in salvo sé e gli altri. Quel Ben che nella stesura originale della trama avrebbe dovuto essere un camionista bianco volgare e violento e che poi diventa un uomo di colore posato e responsabile, quasi senza passato e forse senza futuro.
Concidenze? Io non credo.
Romero, come nei suoi successivi lavori, non risparmia neanche il Governo, qui rappresentato da uno Sceriffo Federale tutt’altro che accorto e da una Sicurezza Nazionale che forse, chissà, magari dopo arriverà a salvare… coloro che sono riusciti a salvarsi. D’altra parte nel cinema di George Romero l’arrivo della cavalleria non ha mai in sottofondo la Cavalcata delle Valchirie.
Non dire la parola con la zeta
In L’alba dei Morti Dementi (2004) di Edgar Wright, Ed (Nick Frost) intima a Shaun (Simon Pegg) di “non dire la parola con la zeta”. Il siparietto ha ovviamente una studiata dietrologia, dato che la parola con la zeta, “zombi”, è assente in molti dei film a tema. Ad esempio non viene mai citata ne La Notte dei Morti Viventi di Romero, come non viene mai accennata in quell’altro gioiellino che è 28 Giorni Dopo di Danny Boyle (2002).
Storia e fenomenologia dello zombi
Non tiro fuori a caso 28 Giorni Dopo, non questa volta almeno. I due film rappresentano due capostipiti di generi uguali e diversi. Basti pensare che lo zombi di Romero è lento, goffo, una carcassa senza anima, un contenitore vuoto; gli zombie del film di Boyle furono sin da subito spernacchiati, derisi ed additati come “zombie velocisti” dai puristi del genere.
Sempre zombi sono, dirai. Beh, sì e no. Ciò che cambia, tra i due sottogeneri, è proprio l’origine del non-morto. Da un lato abbiamo dei morti che tornano in vita, dall’altro abbiamo delle infezioni che causano una morte cerebrale ma non fisica. I tempi cambiano, e con essi le nostre paure. Il cinema si è nutrito (colf) per intere decadi dello zombi classico, quello romeriano, quello rappresentato dal morto (spesso amico o parente) che tornava in vita come carcassa vuota in cerca di carne umana e luoghi a lui familiari in vita. La svolta -che ha le sue radici negli anni ’80, ma raggiunge l’apice con il già citato 28 Giorni Dopo– porta in scena un nuovo tipo di zombi, più simile ad un animale rabbioso, famelico e primordiale, totalmente immemore delle abitudini precedenti.
Paura del mostro o paura di diventare mostri?
Eppure in entrambi i casi, i sopravvissuti non hanno paura del mostro, hanno paura di diventare mostri. I protagonisti de La Notte dei Morti Viventi, tanto quanto quelli di 28 Giorni Dopo, temono rispettivamente la morte e il contagio proprio perché l’uno o l’altro li porterebbe ad essere delle carcasse senza anima. Peccato però che Barbara e Cooper, anche senza essere stati morsi da un non-morto, siano già degli esseri vuoti. Cooper e Barbara, forse persino Ben, sono già dei mostri, ma ancora non lo sanno.
Sono passati quasi 50 anni dall’uscita de La Notte dei Morti Viventi, ma il suo messaggio politico e la sua sfiducia nella politica riecheggiano potenti oggi come nel 1968.
La Notte dei Morti Viventi
- Sceneggiatura
- Originalità
- Regia
- Fotografia
- Recitazione
- Cuore
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Il Bollalmanacco di Cinema – La metà oscura
Combinazione Casuale – Martin
Delicatamente Perfido – La notte dei morti viventi
Non c’è paragone – La città verrà distrutta all’alba
The Obsidian Mirror – George of the dead
Pietro Saba World – Monkey Shines – Esperimento nel terrore
Redroomia – Il giorno degli zombi
Una mela al gusto pesce – Bruiser
White Russian – La terra dei morti viventi
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Recensione interessantissima,purtroppo il film non l’ho visto,ma è uno di quei cult che sarebbe il caso di recuperare,e pure velocemente!!!!
Sì, Lazy, te lo straconsiglio, anche se non è propriamente una botta di vita, diciamo. 😀
Bel post, complimenti!
Pensa che io il film l’ho conosciuto grazie al remake di Savini, decisamente più truculento e meno incline ad indurre a riflessioni sulla società 😛
Grazie mille!
Io, al contrario, sono a digiuno del film di Savini. Shame on me. Ho letto in giro che tra riferimenti e omaggi nel remake lui e Romero si sono tolti anche qualche sfizio che nel ’68 non fu concesso. S’ha da recuperare. 🙂
Una volta mi hanno chiesto di elencare le pietre miliari del cinema, mi hanno guardato male quando ho citato questo film insieme a Samurai di Kurosawa. Eppure ne sono convinto e con questo tuo bellissimo post hai ribadito il concetto chiave, Romero ha reinventato gli zombie al cinema, portato la critica sociale e politica nel cinema horror e spaventato tutti con i mostri più terribili di sempre, gli umani. Capolavoro totale, sono felice che proprio tu abbia scelto questo film per omaggiare Romero 😀 Cheers!
Grazie infinite, Cassidy. Ahimè però su Samurai mi trovi impreparata. Cercherò di recuperare (e di non guardarti male, promesso). 😀
E niente, le tue recensioni sono sempre stupende, soprattutto per questo film, il suo capolavoro migliore 😉
Comunque davvero, come li faceva lui gli zombie non li fa più nessuno..
Sai che forse è meglio così? Adesso lo zombie si è evoluto, corre e riempie le serie TV senza andare a scomodare lo zombi romeriano, che per noi resterà sempre sinonimo di cinema horror intelligente ed allegorico. Sì, meglio così. 🙂
Grande film di cui hai scritto un’analisi stupenda.
Grazie Frank, sempre troppo buono.
Grandissima analisi! Un film che, a sua insaputa, ha fatto la storia.
Grazie mille. È vero: Romero ed i suoi nove compari non avevano la minima idea del mostro (metaforico e cinematografico) che stavano per creare. 🙂
Romero avrebbe potuto fare millemilioni di film, sarebbero stati uno migliore dell’altro, ma per me nessuno al mondo è come La notte dei morti viventi. Splendido post!
Vero. A quasi cinquant’anni dall’uscita conserva ancora una potenza incredibile. Grazie!
Ispirato a Matheson? Davvero? Non si finisce mai d’imparare. Però quel discorso della “casa come unico luogo sicuro” è decisamente centrata….
Già. Inizialmente (nel film poi spunta il televisore) c’è anche l’utilizzo della radio come mezzo di comunicazione a far da collegamento alle due opere. E ovviamente il “metaforone” che qui è meno tracciato, mentre in Matheson è palese.