Stranger Things, la recensione della prima stagione: un carosello di nostalgia e citazioni così tenero che non puoi non appassionartici
Stranger Things è la serie dell’estate? Beh, con Mr. Robot accartocciato su se stesso, quel Preacher un po’ troppo altalenante ed un Outcast a singhiozzo, sì, sicuramente sì. Stranger Things è la serie dell’anno? Beh, sì, forse sì. Resa disponibile dal 15 luglio su Netflix, questa miniserie in otto episodi ha fatto sin da subito parlare di sé, grazie anche agli elogi pubblici ricevuti da Stephen King e Guillermo Del Toro.
Prima di andare ad analizzare questa imperdibile miniserie che ha fatto dell’elemento nostalgia uno delle sue principali punti di forza, sappi che quello “stagione 1” nel titolo non è casuale. Stranger Things, infatti, è stata rinnovata per seconda stagione, che vedremo dal 31 ottobre 2017 e nella quale gli stessi (amatissimi) personaggi torneranno ad analizzare più a fondo quell’Upside Down che conclude questa prima stagione.
La Trama di Stranger Things
Siamo ad Hawkins, Indiana, nel 1983. Quattro ragazzini sono costretti a sospendere una partita a Dungeon & Dragons durata dieci ore. Il piccolo Will Byers – che di fonte al temibile Demogorgone poco prima non aveva lanciato l’incantesimo di protezione – scompare lungo la strada che lo conduce a casa. Lo cerca sua mamma Joyce (la Ginona), madre single, donna fragile ed ostinata. Lo cerca il fratello maggiore Jonathan, consapevole del fatto che “Will è bravo a nascondersi”. Lo cercano i suoi amici, Mike, Lucas e Dustin. Lo cerca – con una certa flemma ed una lattina di birra – anche lo sceriffo Hopper.
Non succede mai niente ad Hawkins. Non succede mai niente, eccezion fatta per quella volta che “un gufo ha attaccato la testa di Eleanor Gillespie, scambiandola per un nido”. Non succede mai niente, eppure vi è una imponente e misteriosa base governativa dalla quale scappa una ragazzina speciale e forse un po’ pericolosa. Non succede mai niente ad Hawkins, eppure Will è sparito e le luci in casa Byers fanno strani scherzi.
Ode Agli Anni ’80
La serie dell’anno? Come dicevamo sì, probabilmente sì. Però Stranger Things è anche una grande paraculata, eh. Il suo costante elogio al cinema degli anni ’80 non si ferma ai riferimenti palesi (che vedremo dopo), ma è ben più radicato, nel profondo, nello stile, nella tecnica, nelle musiche. I Duffer Brothers – così si firmano i gemelli Matt e Ross Duffer, ideatori, sceneggiatori, registi e produttori della serie – portano avanti questa narrazione omaggiando, citando e copiando dal meglio del cinema per ragazzi di quegli anni. Sebbene questa miniserie sia diretta ad un pubblico ben più ampio, è a noi che con quel cinema siamo cresciuti che ruba il cuore dopo pochi, pochissimi minuti. Dopo l’impatto iniziale, pur restando nei binari tracciati dal genere, i personaggi di Stranger Things assumono una loro identità, che però poco si discosta da quanto già visto e sentito.
Tre Dimensioni, Tre Generazioni
In un certo senso la narrazione di Stranger Things si muove lungo tre generazioni. Abbiamo gli amici di Will, armati di fionde, bussole ed Eleven. Abbiamo gli adolescenti, capitanati da Nancy Wheeler (Natalia Dyer) e dal fratello di Will, Jonathan (Charlie Heaton). Abbiamo gli adulti, con la madre di Will (la Ginona, Winona Ryder) ed Hopper (un fenomenale David Harbour), lo sceriffo con la panza che finalmente fa lo sceriffo con la panza. Ognuna di queste generazioni ha i propri “cattivi”: i bulli della scuola, gli amici di Steve, il Dottor Brenner e soci. Ognuna di queste generazioni subirà una perdita. Il livello di cattiveria e l’ineluttabilità della perdita sono direttamente proporzionali all’età.
Qui avviene una delle magie più belle di questa miniserie. Noi, bambini degli anni ’80 cresciuti con E.T. e i Goonies, noi non siamo più i bambini. Non possiamo essere Mike, Lucas o Dustin, anche se ci piacerebbe tanto. Non possiamo essere neanche gli adolescenti con i loro festini, ‘che oramai abbiamo una certa. Noi siamo gli adulti, siamo i genitori, siamo il professore di scienze, siamo lo sceriffo (se vuoi, la panza ce la metto io). E una volta tanto in Stranger Things gli adulti non sono ai margini, fuori fuoco, ma costituiscono parte integrante della narrazione. Sono loro a credere: credere ad altri adulti, credere agli adolescenti, credere ai bambini.
Il Carattere del Titolo
Il livello di citazionismo di Stranger Things si evince già dal font usato nella grafica del titolo, denominato “ITC Benguiat”. E tanto piacere, mi dirai. Aspetta, dico io. Questo font è stato disegnato nel 1978 ed è legato a doppio filo con un certo tipo di cinema e letteratura. Innanzitutto quella scritta, con quella “s” sovrana e quella composizione, ci ricorda il carattere usato sulla copertina dei primi romanzi di “Stephen King” (costantemente omaggiato in questa miniserie, ma ne parleremo tra poco). Ma l’ITC Benguiat è stato utilizzato anche nei titoli degli Star Trek anni ’90 (Star Trek Generations, Star Trek: First Contact e Star Trek: Insurrection). L’ideatore del font, Ed Benguiat, è responsabile anche dei caratteri utilizzati per il logo de Il Pianeta delle Scimmie e… Twin Peaks. Ora capisci perché ti sale l’ansia sin dai titoli di testa: è una questione di carattere.
Ed è Subito King
Tre bambini con dei nomignoli (“Frogface”, “Midnight” e “Toothless”) se ne vanno in giro in bicicletta cercando di sfuggire ai bulli della scuola, pericolosi per davvero. È impossibile non pensare immediatamente ad alcuni lavori di Stephen King, da IT a Cuori in Atlantide, come è impossibile non trovare profondamente kinghiano il personaggio di Eleven (Undici). Interpretata dalla meravigliosa Millie Bobby Brown, Eleven è una ragazzina tanto triste e sola quanto speciale. Se hai già visto questo gioiellino di miniserie conosci la sua storia (e quell’epilogo da brividi), se ancora non hai visto Stranger Things… che ci fai ancora qui?
Watching STRANGER THINGS is looking watching Steve King’s Greatest Hits. I mean that in a good way.
— Stephen King (@StephenKing) 17 luglio 2016
Lo stesso zio Stephen ha dichiarato in più di un’occasione un profondo apprezzamento per questa miniserie. Pur essendone il padre putativo, fortunatamente (scusa, zio) King non ha messo mano in alcun modo alla realizzazione di Stranger Things. Le sue ultime collaborazioni con il piccolo schermo, infatti, possono vantare cose come Under The Dome e 22.11.63. Non so se mi spiego…
Riferimenti e Citazioni
Non si vive di solo King. Per questo i gemelli Duffer, durante il loro percorso, portano avanti una fitta di rete di citazioni che comprende, tra gli altri, anche Spielberg e Carpenter. In alcuni casi i richiami sono esclusivamente visivi, mediante dettagli collocati ai margini dell’inquadratura, in altri sono i protagonisti a chiamare in causa i risvolti di determinate pellicole. Sarebbe stato impossibile cogliere e riportare tutti gli omaggi, tuttavia questi sono i più evidenti (e spoiler-free):
Poltergeist – Demoniache Presenze
Nell’episodio pilota, Chapter One: The Vanishing of Will Byers, vediamo un flashback in cui Joyce (la Ginona) regala al piccolo Will due biglietti per il film di Tobe Hooper del 1982. Nella stessa sequenza Joyce chiede al figlio se ha superato la paura dei clown, facendo (forse) un implicito riferimento al Pennywise di IT.
La Cosa (The Thing)
Il poster del film di John Carpenter (1982) è appeso al muro del seminterrato di casa Wheeler dove i bambini trascorrono buona parte del loro tempo. Inoltre nell’episodio Chapter Seven: The Bathtub, il Professor Clarke sta guardando questo film assieme alla fidanzata quando riceve una telefonata da parte di Dustin.
Lo Squalo (Jaws)
Anche in questo caso è possibile vedere un poster del film appeso alle pareti nella stanza di Will, ma la pellicola di Steven Spielberg del 1975 viene espressamente citata in alcuni dialoghi in riferimento all’attrazione di alcune creature per il sangue.
La Casa (The Evil Dead)
Il poster del film di Sam Raimi (1981) è appeso nella stanza di Jonathan, il fratello maggiore di Will. Nell’episodio Chapter Five: The Flea and the Acrobat qualcuno lo inviterà a rimuoverlo, poiché “inappropriato”.
Nightmare – Dal Profondo della Notte
In questo caso il riferimento è un po’ meno immediato ed a fuoco, ma ogni volta che qualcosa (o qualcuno) esce da una superficie dalla quale non è previsto che normalmente esca, è impossibile non pensare al film di Wes Craven del 1984.
Alien
Alcune ambientazioni, un certo tipo di mucillagine e un espediente presente nel season finale (Chapter Eight: The Upside Down) sono chiari riferimenti al film di Ridley Scott del 1979 ed ai suoi successori.
Under the Skin
Siamo molto lontani dagli anni ’80, in questo caso, ma il richiamo è palese: alcune sequenze con protagonista Eleven / Undici rimandano chiaramente, per costruzione scenica e fotografia, alla pellicola di Jonathan Glazer del 2013 con protagonista Scarlett Johansson.
Se hai già visto la serie, dai un’occhiata a questo video che raccoglie tutte, ma proprio tutte (qualcuna anche un po’ tirata) le citazioni di Stranger Things.
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5 Curiosità su Stranger Things
- Originariamente la serie avrebbe dovuto intitolarsi “Montauk” ed essere ambientata nella località di mare (quella di The Affair, per capirci) dove i gemelli Duffer, classe ’84, sono cresciuti.
- Winona Ryder è stata fortemente voluta per il ruolo di Joyce dagli stessi fratelli Duffer.
- Per la scelta dei protagonisti sono state fatte audizioni con oltre 900 bambini ed oltre 300 bambine. Ai bambini sono state fatte interpretare delle scene dal copione originale di Stand By Me – Ricordo di un’Estate (1986).
- Per convincere Millie Bobby Brown (Eleven) a tagliarsi i capelli, i fratelli Duffer le hanno fatto vedere il look di Charlize Theron in Mad Max: Fury Road (2015).
- Gli otto episodi sono stati girati in digitale, ma il direttore della fotografia, Tim Ives, ha applicato dei particolari filtri per simulare la grana tipica delle pellicole anni ’80.
Tra Scienza, Magia, Orrore…
Quello degli anni ’80, quello con cui siamo cresciuti, era un tipo di cinema che non coccolava i più piccoli, che non nascondeva loro l’orrore, ma che contemporaneamente innalzava determinati valori. Era la bontà d’animo del piccolo Elliot a tenere in salvo E.T., la purezza di spirito di Atreyu a permettergli di tenere a bada il Nulla che avanza, l’amicizia tra Bill, Mike, Bev e Richie a tenere testa al terribile Pennywise.
… e Valori
Anche qui ci sono tre ragazzini, Mike, Lucas, e Dustin, con i loro giochi, il loro linguaggio in codice, la loro passione per la scienza e la loro etica infrangibile, determinati a ritrovare l’amico Will ad ogni costo. Ci sono anche la fede e l’ossessione di Joyce (la Ginona), che in quelle luci non vede contatti elettrici ma richieste d’aiuto del figlio. Quella stessa Joyce che di fronte al pericolo (geniale la scelta di Should I Stay or Should I Go nella sequenza) decide di rientrare in casa. C’è lo sceriffo Hopper con quel suo grande trauma alle spalle, che dopo la diffidenza iniziale mette a repentaglio la sua stessa vita per dipanare il mistero.
Ci sono l’amicizia, l’amore, il coraggio, la lealtà, la sincerità, la fiducia. Vi è una serie di valori in Stranger Things che a vederli tutti assieme ti si apre il cuore. Ma c’è anche l’orrore, quello che sì, proprio come nelle pellicole della nostra infanzia, un pochino fa paura davvero.
- Sceneggiatura
- Realizzazione
- Personaggi
- Recitazione
- Originalità
- Cuore
in sintesi
I gemelli Duffer mettono su un carosello di citazioni e ritmo così tenero e appassionante che un/una figlio/a degli anni ’80 non può non innamorarsene immediatamente. Stranger Things è infatti un concentrato di nostalgia e rievocazioni che conquista subito, ma rischia di annoiare proprio per la scarsa originalità. Speriamo solo che questo suo “vivere di rendita” non si ripercuota così enfaticamente anche sulla seconda stagione, prevista il 31 ottobre 2017.
User Review
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( votes)Stranger Things, stagione 1: la scheda
Ideata da: The Duffer Brothers
Sceneggiatura: The Duffer Brothers, Justin Doble, Paul Dichter, Jessica Mecklenburg, Jessie Nickson-Lopez
Regia: The Duffer Brothers e Shawn Levy
Fotografia: Tim Ives e Tod Campbell
Montaggio: Kevin D. Ross e Dean Zimmerman
Musiche: Kyle Dixon e Michael Stein
Cast: Winona Ryder, David Harbour, Finn Wolfhard, Millie Bobby Brown, Gaten Matarazzo, Caleb McLaughlin, Natalia Dyer, Charlie Heaton, Matthew Modine et al.
Genere: thriller soprannaturale, horror, piccolo mondo antico
Numero episodi: 8 da 47-51 minuti l’uno (prima stagione)
Programmazione (streaming): dal 15 luglio 2016 su Netflix
- Sottotitoli in italiano: ItaSa, Subsfactory
- Sito ufficiale e trailer.
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Credo di essere concorde su una cosa: Stranger Things è profondamente una grande paraculata. Per il resto come tendo a ribadire a mo’ di spam (ATTENZIONE! QUESTO MIO INUTILE COMMENTO CONTIENE SPOILER, SPOILER E SPOILER E ANCORA SPOILER) io non ho gridato al miracolo guardando Stranger Things e in linea di massima non ho neanche gridato. E non ho visto neanche questo diversificarsi, questa identità inedita nei personaggi. L’apprezzamento del Re è sicuramente degno di nota ma non dimentichiamo il suo punto di vista riguardo allo Shining firmato Kubrick, ossia quando un maestro ne supera un altro. In questa acclamata serie tv non succede nulla che non sia già successo trentasei anni fa. Chi (tipo il sottoscritto) è cresciuto divorando i romanzi di Stephen King e guardando tutta quella sfilza di film ove succedono cose mentre dei ragazzini scorrazzano e scoreggiano in bicicletta, non può non venir inghiottito da un abnorme senso di déjà-vu innanzi alle strane cose di Stranger Things.
Il punto non è il lamentare l’effetto nostalgia, il punto è il restare arroccati in questa sfera gravitazionale (alla Explorers tra l’altro). Non succede nulla di pazzesco, nulla di speciale, nulla di nuovo. Tutti gli otto episodi sono un sentito atto d’amore per una lontana iconografia ed è bello che sia così ma, per quanto mi riguarda, non basta. Si passa da Lo Hobbit a Star Wars, da Poltergeist ad It (romanzo), da L’incendiaria a I Goonies. Uno allora può dire “Santi numi, se c’è tutta questa roba allora mi piacerà di sicuro”, nonostante quella roba venga da altra roba che c’è già stata. Vi è un bizzoso corto circuito affettivo. Stranger Things non aggiorna nulla e rimane persino convenzionale. C’è il gruppetto di simpatici e sfigati adolescenti che giocano a Dungeons & Dragons e che comunicano con i walkie-talkie (li avrei voluti tanto anche io i walkie-talkie negli anni Ottanta e invece nada e anzi oggi non ho neppure un telefono cellulare), c’è la bambina con i poteri tipo Scanners e tipo la Charlene de L’incendiaria (con l’identica epistassi durante lo sforzo mentale) da tenere nascosta come l’E.T. di Spielberg, ci sono i gruppi segreti che fanno cose segrete e cattive, c’è il poliziotto di provincia alcolizzato e con un duro passato da digerire, c’è la fanciulla che si innamora del maschio alfa ma anche un pochetto del maschio problematico (fanciulla che ha una mira micidiale tipo la Beverly di It), c’è il mostro da affrontare in uno scontro che si divide su più piani d’azione (ancora It). Di tutto questo minestrone c’è una rielaborazione efficace? Secondo me no.
I protagonisti sono simpatici (Dustin è figlio di Chunk de I Goonies) ma a parte la simpatia di loro non mi è rimasto pressoché nulla. O meglio, l’unico personaggio che mi ha trasmesso qualcosa è Barb, peccato che poi muore immeritatamente facendosi ritrovare addobbata in un mix tra It e Alien. Probabilmente John Hughes avrebbe regalato a Barbara un destino migliore. Ad ogni modo, a giudicare da quanto ho maldestramente scritto pare che Stranger Things mi abbia pressoché fatto cagare, ma non è così. Mi è piaciuto. In qualche modo. Le cose che non mi sono piaciute sono state altre: Matthew Modine e i suoi capelli. L’interpretazione un filino approssimativa di David Harbour (il capo della polizia) e il fatto che il suo personaggio riveli con leggerezza dove sono nascosti i ragazzi pur sapendo che lo va a dire a gente che ama inscenare morti di bambini e fare esperimenti brutti brutti. L’interpretazione di Winona Ryder tutta occhi sgranati e nicotina (la vera delusione della serie per me). El (Undici), soprattutto quando le infilano la parrucca e la vestono come un fantasma a caso dei film di James Wan. Spacciarla per una femmina è al quanto difficile, al limite la si poteva far passare per la figlia di Elizabeth Perkins. La sigla di apertura, non per il font Che belli gli anni Ottanta quanto per il fatto che è identica a Wanna Fight di Cliff Martinez da Only God Forgives.
Or bene sì, c’è già chi parla di serie tv dell’anno. Peccato che siamo nel 2016 e non nel 1983. Se ti piacciono i Goonies amerai questa serie. Se mi piacciono i Goonies guardo i Goonies! Okay Stranger Things è un omaggio ma alla fine mi è venuto da dire qualcosa tipo: “Dio che palle, ma qualcosa di nuovo no?!”. Dove dovrebbe risiedere questo fenomeno? Non lo so. Magari ci dovrò pensare e lasciare che questo piccolo commento vaghi solitario nella rete. Sempre in forma di ultra spam.
Ma neanche un Siemens C35?
Ok, scusami, cerco di essere seria e di dare al tuo commento intelligente e articolato una risposta quantomeno meritevole.
Se ho ben capito, tu sospetti che ci siamo un po’ tutti lasciati prendere dall’ommioddioglianniottanta, perdendo di fatto il lume della ragione. Accetto la critica e non provo neanche a “difendermi”, dato che mi sono sciolta quando Will ammette, parlando a Frogface, che i dadi avevano dato un sette come risultato, praticamente dopo neanche cinque minuti dall’inizio del pilot.
Capisco il tuo punto di vista, anche se a me è sembrato che i personaggi dopo l’intro da macchiette prendessero una propria strada. Lo stesso Dustin, come dici giustamente, parte come cosplay di Chunk dei Goonies, ma poi si sviluppa in altro modo. Oppure semplicemente non ho visto il film o letto il libro da cui è tratta l’evoluzione del suo personaggio. 🙂
La Ryder non sarò certo io a difenderla. È una delle donne più belle del globo, ma non è mai stata un’attrice indimenticabile. Anche qui l’impatto emotivo del suo personaggio è dato dal contorno più che dalla sua interpretazione.
Barb sì, sempre. “In a world full of Nancys… be a Barb”.
Mi hai fatto venire voglia di vederlo!
Ma tu devi vederlo! Scommettiamo una copia pirata di The Sims 5 che ti piacerà? 😀