Suburra (2015, Stefano Sollima)

 

Romanzo Criminale

 

A Roma piove. L’acqua non riesce a lavare via lo sporco, lo trasforma piuttosto in fango, in una poltiglia densa e maleodorante che travolge tutto e tutti. L’unica cosa che lo spettatore può fare è fissare attonito lo schermo, temendo, ancor più che in un horror, che quel fango sporco di sangue possa attraversarlo. Come se non fosse già stato così.

 

Stefano Sollima, regista di quest’opera, si è già fatto apprezzare grazie alle serie televisive Romanzo Criminale e Gomorra ma soprattutto attraverso il bellissimo A.C.A.B. e nonostante la sua riconosciuta bravura sono entrata in sala con un trolley da cabina di pregiudizi, dovuti al fatto che buona parte delle recenti pellicole italiane più riuscite riguardino proprio il malaffare di questo nostro strano paese.

 

Eppure non ho potuto resistere al fascino di Suburra, dei suoi straordinari interpreti, della sua fotografia cinerea, della sua regia contemporanea e mozzafiato, della sua colonna sonora da urlo, della sua totale mancanza di speranza pianificata sin dall’inizio, con quel conto alla rovescia che preannuncia un’apocalisse tutta da interpretare. Perché, porca la miseria, nel malaffare siamo bravi, sia realmente che cinematograficamente.

 

Tanto è stato detto sul soggetto di Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo (autori dell’omonimo romanzo), su quanto sia o sia stato vero e su quanto non lo sia, su quanto i due avessero potuto subodorare ciò che poi sarebbe successo. Ma il punto non è andare a cercare ciò che di vero c’è in quest’opera di fantasia, il punto è che tutto ciò che di fantasia c’è in quest’opera potrebbe essere vero.

 

 

Episodi perfettamente incastrati che convergono in una geometria spaventosa ci raccontano di due clan criminali rivali, quello zingaro degli Anacleti, palesemente ispirato a voi sapete chi, e quello nascente di Numero 8, che governa e gambizza Ostia. La scintilla per la guerra, per l’apocalisse, viene però scatenata dall’Onorevole Malgradi, un politicante senza scrupoli e senza morale, interpretato da un grandissimo Pierfrancesco Favino, in grado di modulare voce ed espressioni in maniera impressionante, capace di rendere quelle interviste al di fuori del Parlamento tangibili, reali, fastidiose. A fare da paciere, mosso dagli interessi de “le famiglie” interviene un mafioso della vecchia guardia chiamato il Samurai, un Claudio Amendola – probabilmente – volutamente fuori parte, con un’aria più benevola che subdola.

 

Sollima porta sullo schermo un sangue scarsamente romanzato, che poco ha a che fare con Il Padrino e I Soprano, dipinge la meschinità della politica in modo molto meno ironico e divertito che in House of Cards. Sollima ci indica un padre oppresso dai debiti che non ha altra scelta se non la morte, ci mostra una ragazza troppo giovane ed impreparata all’orrore per non restarne schiacciata, ci espone, attraverso gli occhi della droga, amore e morte in una Sodoma che nessun Dio misericordioso viene a distruggere.

 

Ma Suburra trova anche il tempo per i sogni e per l’amore. I sogni, per quanto torbidi e malati, appartengono al giovane Aureliano Adami (Numero 8), interpretato da uno strepitoso Alessandro Borghi con gli occhi pieni dei sentimenti sbagliati. L’amore assume una connotazione bivalente ed antitetica: vi è l’amore malsano e vendicativo della giovane Viola (Greta Scarano), per lo più inquadrata di profilo mentre guarda qualcosa al di fuori della scena (la sua condanna?) e l’amore universale, commovente, imprescindibile di un’anziana madre che non sente più alcun sapore e che sussurra al figlio “non uscire, piove troppo”.

 

 

Perché a Roma piove e quel fango, sempre più denso, sempre più cremisi, invade anche il cuore di Sebastiano (Elio Germano), che con la criminalità organizzata c’entra poco e niente, ma che, trovandovisi invischiato, non può che annerire la sua anima, rendendola scura e tetra quasi come quella dei suoi aguzzini, come se questo fosse l’unico modo di reagire, l’unico modo per salvarsi. Lo è?

 

Potrebbe, perché grandi assenti in Suburra sono la morale, la giustizia e soprattutto le forze dell’ordine, rilegate in un’unica scena, in pochi fotogrammi nei quali il corpo di una ragazza drammaticamente giovane viene recuperato dal fango. Ma è troppo tardi, l’apocalisse ha già avuto inizio.

 

Suburra è una mazzata forte, una pellicola sontuosa e disperata che ci rende orgogliosi ed al contempo spaventati di essere italiani, mentre la politica ci piscia in testa ed in un centro commerciale ci ritroviamo nel fuoco incrociato della malavita.

 

A Roma piove.

 

 

 

 

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Suburra (Italia – Francia 2015)
Regia: Stefano Sollima
Soggetto: Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo
Sceneggiatura: Stefano Rulli, Sandro Petraglia, Bonini e De Cataldo
Fotografia: Paolo Carnera
Colonna Sonora: M83
Cast: Pierfrancesco Favino, Elio Germano, Claudio Amendola, Giulia Elettra Gorietti, Adamo Dionisi et al.
Genere: thriller, drama, l’amarezza del plausibilmente vero
Data d’uscita italiana: 14 ottobre 2015

 

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10 Comments

  1. Nico Donvito 27/10/2015
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