Rating: Tripla A
Mai come in questo periodo dell’anno, in cui le pellicole sembrano inseguirsi l’un l’altra per accaparrarsi un riconoscimento, salta all’occhio una distinzione di fondo: alcuni film sembrano urlare “guarda, guarda quanto sono bello”; è il caso, ad esempio, di Carol o di The Revenant, o addirittura di Brooklyn, film belli, bellissimi, come un soprammobile prezioso posizionato in alto per evitare incidenti. Altri film stanno semplicemente lì, sullo scaffale più in basso, come se non potessero rompersi o non avessero il bisogno di autocompiacersi con panoramiche e musiche struggenti. È il caso de La Grande Scommessa, che con quella sinossi non attraeva più di tanto, ma si portava dietro un cast stellare che non poteva non nascondere qualcosa di buono. Il film di Adam McKay, infatti, va oltre ogni più rosea aspettativa.
Dopo un breve racconto di come l’economia degli anni ’70 abbia posto le basi per ciò che poi è successo nel 2007, la pellicola si apre come un documentario: qualcuno intervista Michael Burry (Christian Bale, strepitoso), che parla a ruota libera del crollo del mercato immobiliare negli anni ’30 e di cose che è difficile comprendere. Siamo in un mockumentary? No. Poco dopo la camera cambia stile, seguita dalla fotografia. Siamo in un film di inchiesta, a mo’ di Michael Moore? Macché. Siamo in una storia tratta dal libro di Michael Lewis, The Big Short – Il Grande Scoperto, una storia – un po’ romanzata ma più più no – che racconta di come alcune persone siano riuscite a fare i soldi grazie alla crisi finanziaria del 2007-2010. Un paradosso? Oh sì, fosse solo questo.
Riesci a concepire in che modo si possano “comprare” i soldi? E come si possa comprare un “pacchetto” di soldi di cui si vedono solo la prima e l’ultima banconota? Beh, neanch’io, ma è di questo che parla The Big Short: di bolle immobiliari, mutui a tasso variabile, subprime, CDO sintetici e non, credit defaul swap, bespoke tranche opportunity. Non sai cosa sono, vero? Neanch’io ne avevo idea, ma Selena Gomez, il cuoco Anthony Michael Bourdain e Margot Robbie immersa nella schiuma mi hanno aiutato a capirci qualcosa in più.
Ma al di là della Robbie e degli altri, immersi (oltre che nella schiuma) in alcuni siparietti estemporanei (ma più più no) che vorresti non finissero mai, sono grandi (enormi) i nomi dei volti che compongono il cast. C’è Ryan Gosling, interprete di un piacionissimo commesso che subodora qualcosa e ne approfitta. C’è Steve Carell, immenso ed unico elemento “umano” nelle vesti di Mark Baum, che ha da tempo compreso che “quando giochi al gioco del trono, o vinci o muori”. C’è la sua simpatica crew, composta da Hamish Linklater (The Newsroom), Jeremy Strong e il fastidiosamente ottimista Rafe Spall, cui sono riservati dialoghi esilaranti. Ci sono John Magaro e Finn Wittrock (American Horror Story) nei panni di due giovani e sprovveduti investitori che si avvalgono dell’aiuto dell’ex-banchiere – poi convertito al biologico – Ben Rickert (Brad Pitt, anche produttore), che funge da collegamento con la cara, vecchia Europa.
Il film ha inizio nel 2005, sappiamo di dover arrivare almeno al 2007, ma il modo in cui la pellicola di McKay affronta questo percorso è difficile da descrivere con delle semplici parole. La Grande Scommessa è infatti un film straripante sotto ogni aspetto: eccessivo è il ritmo, serrato e martellante; ineccepibile è il gusto per la costruzione scenica (che non si ha neanche il tempo di ammirare); sopra le righe sono i suoi personaggi, che possono concedersi il lusso di narrare questa storia parlando direttamente allo spettatore, ammettendo addirittura in alcuni casi che “le cose non sono andate esattamente così”.
Il film di McKay è diretto, contemporaneo, frenetico: non può fermarsi a dire “guardate come sono bello”, semmai, come i suoi personaggi, parla direttamente a te e ti dice “guarda che non puoi rattristarti, perché quello che ti sto facendo vedere è divertente” e “guarda che non puoi ridere, perché quello ti sto mostrando è amarissimo”.
Tanto goliardico quanto acre, con un montaggio che va oltre ogni Oscar, The Big Short (finalmente!) prende le distanze dai fatti e non dallo spettatore. E poi c’è quella cosa dell’acqua che chiude il tutto, quasi come in un horror dal finale aperto.
Post Correlati:
The Big Short – La Grande Scommessa (U.S.A. 2015)
Regia: Adam McKay
Basato su: The Big Short: Inside the Doomsday Machine di Michael Lewis
Sceneggiatura: Adam McKay e Charles Randolph
Fotografia: Barry Ackroyd
Montaggio: Hank Corwin
Musiche: Nicholas Britell
Cast: Christian Bale, Ryan Gosling, Steve Carell, Marisa Tomei, Brad Pitt et al.
Genere: biografico, dramedy, come comprare i soldi
Data d’uscita italiana: 7 gennaio 2016
Se ti piace guarda anche:
Margin Call (2011), The Ides of March (2011), The Wolf of Wall Street (2013).
Riconoscimenti e Nomination | ||
Golden Globes Awards 2016 (Qui le nomination) | Miglior Film – Commedia o Musical | Nominato |
Attore Protagonista – Commedia (Christian Bale e Steve Carell) | Nominato | |
Sceneggiatura | Nominato | |
BAFTA – British Academy Film Awards 2016 (Qui le nomination) | Miglior Film | Candidato |
Regia | Candidato | |
Attore Non Protagonista (Christian Bale) | Candidato | |
Sceneggiatura Non Originale | Candidato | |
Montaggio | Candidato | |
OSCAR – Academy Awards 2016 (Qui le nomination) | Miglior Film | Candidato |
Regia | Candidato | |
Attore Non Protagonista (Christian Bale) | Candidato | |
Sceneggiatura Non Originale | Candidato | |
Montaggio | Candidato |
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Bellissimo pezzo e concordo in pieno con te, ho visto il film ieri, mi aspettavo pochino, e malgrado qualche difettuccio, devo dire che l'ho apprezzato molto, Margot Robbie nella vasca che spiega qualcosa, è comunque difficile da seguire senza distrarsi, cosa che non si può dire del film, che invece si segue alla grande 😉 Cheers!
Grazie Cassidy, sempre troppo buono.
Pensa un po', a me Margot Robbie nella schiuma "dice" solo quello che sta dicendo. 😀
Non l'ho ancora visto…
Perchè sto periodo ci stanno un sacco di cose da vedere! Con calma la settimana prossima…
Sta iniziando bene il 2016 cinematografico!
Eh sì, continuando così questo 2016 ci regalerà grandi cose.
Senti a me, tra un Redivivo e l'altro (intesi come film meravigliosi, ma con una certa solennità), infilaci una bella scommessa, non te ne pentirai. Scommettiamo? 😉
Eccone un'altra: devo vederlo, allora, anche se queste storie vere mi mettono in crisi. Come si valutano? Per dirti, ho appena visto Spotlight: lucido e agghiacciante, ma sembra un reportage-reportage. E' da Oscar? Qui, da quanto ho capito, i toni sono meno cronachistici. Questo recupero s'ha da fare.
Spotlight ancora mi manca (e mi aspetto grandi cose anche da lui), ma nel frattempo devi devi devi vedere The Big Short: storia vera o no (anche se purtroppo sì), è un film che rincorre se stesso, nel miglior senso possibile.
Film girato ed interpretato alla grande, ottimo e ben realizzato: eppure l'ho trovato molto freddo, emotivamente parlando.
Da quel punto di vista, secondo me, sia Carol che Revenant hanno qualcosa in più. Comunque, avercene.
Parliamo in ogni caso di livelli altissimi (alla faccia di chi già è deluso da questo 2016 cinematografico) e – temo – da un certo punto in poi subentra il gusto personale. Io paradossalmente ho trovato più freddo The Revenant. Sarà per la neve? 🙂
E' contemporaneamente divertente, appassionante e divulgativo. Ottima recensione 🙂
Ben detto! Grazie mille, Michele.