The Visit, la recensione del film: è il caso di preoccuparsi se nonna di giorno fa i biscotti e di notte fa cose strane? Secondo Shyamalan sì.
Forse (e dico forse) queste pagine stanno per tornare agli antichi fasti (eh?), purtroppo però chi ancora deve fare davvero ritorno è Shyamalan, regista di origini indiane al quale dieci anni fa avremmo devoluto quasi interamente la paghetta e che poi, non si sa bene perché, si è completamente bevuto il cervello tirando fuori cose ignobili del calibro de L’Ultimo Dominatore dell’Aria e After Earth. Oh, After Earth.
Lo strano caso dello Shyamalan scomparso nel 2008
M. Night Shyamalan, l’indiano con la notte nel nome, il gallino dalle uova d’oro della Hollywood degli anni zero. Mi è capitato diverse volte di chiedermi se io stessa non abbia sopravvalutato i primi lavori del regista, ma ogni volta la conclusione è stata la stessa: no, anche se vedessi adesso per la prima volta la sua “Triade delle Meraviglie” (Il Sesto Senso, Signs e The Village), ne rimarrei affascinata, forse non al punto tale da giurargli amore eterno (come a suo tempo feci), ma mi perderei ugualmente in quelle perfette costruzioni circolari, in quei plot twist da maestro, in quella ripetizione di caratteri allegorici personale ed intima.
Alcuni degli elementi cardine della scrittura del nostro Shymmi vengono richiamati anche in questa sua ultima fatica, The Visit: abbiamo l’acqua come simbolo di morte, la cantina come ambientazione del momento cruciale, i colori a tinte forti posti a protezione della giovane protagonista e il plot twist, abbiamo il plot twist, ma di questo parleremo tra poco.
Gallino vecchio fa found footage
Dopo dieci anni dall’ultima sua pellicola veramente riuscita, Shyammy si cimenta con quello che è il genere più inflazionato e vituperato dell’ultima decade: l’horror girato a mo’ di finto documentario, il found footage. Armato della sceneggiatura scritta da lui stesso, Shyammy si attrezza di ogni artificio possibile per reggere questa tecnica, dalla webcam del notebook alla fotocamera della protagonista aspirante documentarista.
Una tra le critiche più mosse a questo film è infatti l’applicazione della tecnica in maniera troppo pulita e difatti in alcuni momenti la camera fissa e distante fa addirittura dimenticare lo stile utilizzato. Tuttavia l’impiego del mockumentary, più che strumentale, sembra assumere una valenza narrativa, dato che sarà proprio il fatto che protagonisti e spettatori possano vedere solo ciò che viene ripreso a reggere il plot twist. Già, ma del plot twist parleremo tra poco.
La trama di The Visit
Becca (Olivia DeJonge) e Tyler (Ed Oxenbould), rispettivamente di 15 e 13 anni, vanno a trascorrere qualche giorno dai nonni materni con i quali non hanno mai avuto rapporti poiché la stessa mamma, ancor prima della loro nascita, aveva interrotto ogni contatto a causa di un violento litigio.
Isolati e sperduti in una vecchia casa in mezzo alla neve, i due fratelli, incuriositi dalla nebulosa infanzia di mammà, faranno la conoscenza di Nonna (Deanna Dunagan), che come ogni nonna si diletta a preparare deliziosi biscotti, e di Nonno Pop (Peter McRobbie), che come ogni nonno, nonostante l’età, riesce ancora a prendere in braccio i nipotini.
Ma si sa, con l’età aumentano gli acciacchi e le stravaganze. Nonna di notte fa cose strane. Nonno Pop le cose strane le fa nel capanno, anche in pieno giorno. C’è qualcosa che non va in loro?
They’re are just OLD!
Potremmo star qui ore a parlare di come con l’invecchiamento aumentino i livelli di stress ossidativo nelle cellule neuronali, ma faremmo prima ad usare la saggezza popolare e dire che “la vecchiaia è una carogna”: ti fa perdere il pieno controllo del corpo e della mente, come una malattia, come una condanna, come una possessione.
È proprio questo elemento, da molti bistrattato, a rappresentare secondo me uno dei punti di forza di The Visit: Becca e Tyler, anche se spaventati, accettano il climax di inquietanti stramberie dei nonnini, giustificandole in maniera umana e credibile, almeno fino al plot twist. Il plot twist, ci siamo.
Tra colpi di scena e pacchianeria
Eh già, il plot twist alla Shyamalan c’è. Forse non è del tutto inaspettato e di sicuro non paragonabile ai predecessori, ma il colpo di scena arriva, appaga ed ha un suo fondamento razionale. Segue un crescendo di tensione che mette in scena un ampio spettro di fobie umane e chiama in soccorso un gran numero di cliché di genere.
L’altro importante punto di forza della pellicola è infatti l’utilizzo di una goliardia di fondo, che accompagna la narrazione sin dall’inizio e che non è certo nuova al nostro Shyammy (basti pensare ai copricapo di stagnola in Signs o ai momenti di imbarazzo del personaggio di Joaquin Phoenix in The Village). Questa esposizione tra il fiabesco ed il parodistico, portata all’estremo eccesso, non fa che enfatizzare tensione e paura. Già, perché nel mio caso The Visit ha ottenuto l’effetto voluto: mi ha fatto sorridere per poi farmi tentare di dissimulare il jump scare sulla poltroncina.
Meglio un gallino oggi?
Lo so, sino ad ora da queste righe sembrerebbe di intravvedere solo lodi, anche se in realtà non è così. Le pecche di The Visit sono pesanti e numerose, a cominciare dalla sceneggiatura priva di basi e personaggi solidi, passando attraverso un paio di soluzioni posticce e fino ad arrivare ad un doppiaggio italiano del piccolo Tyler, rapper provetto, da mettere i brividi.
Come se non bastasse, la narrazione non termina dove avrebbe dovuto, ma si protrae regalando una conclusione imbarazzante ed una morale che, per quanto condivisibile, poco ha a che fare con quanto visto.
Shyammy non è tornato e non è detto che lo farà mai. Però avete presente quel momento in cui, nei film catastrofici, durante un black out i personaggi sentono un rumore – una sorta di tensione elettrica crescente – che sembra preannunciare che la corrente stia per tornare? Ecco, a me è parso di sentire quel rumore, però magari mi sbaglio, magari era solo Nonno Pop.
The Visit, il film
Movie title: The Visit
Date published: 26/11/2015
Director(s): M. Night Shyamalan
Actor(s): Olivia DeJonge, Ed Oxenbould, Deanna Dunagan, Peter McRobbie, Kathryn Hahn
Genre: thriller
Durata: 94 min
Paese: Stati Uniti
- sceneggiatura
- originalità
- regia
- fotografia
- recitazione
- cuore
Riassunto
È il caso di preoccuparsi se nonna di giorno fa i biscotti e di notte fa cose strane? Sì, secondo Shyamalan, che con The Visit non torna agli antichi fasti, ma mette a punto un thriller atipico volutamente grottesco e furbescamente divertente.
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La tua recensione mi fa be sperare, voglio ritornare a credere a Shyamalan!
Anche se nella mia personale triade, al posto di Signs – comunque molto bello – metterei Unbreakable.
Sai che di Unbreakable ho giusto un vago ricordo? Dovrei rivederlo per rendergli giustizia. Nel frattempo spero che anche tu riesca a ritrovare la “fede” con questo The Visit. 🙂
Secondo me sembra meglio di quanto non sia, considerate le recenti merde di Shambalà.
Ma lui resta una causa ormai persa.
Beh sì, The Last Airbender e After Earth si avvicinano molto al concetto di cacca. Però – ti assicuro – The Visit (isolato dal contesto “Shyambalà” e dalle relative aspettative) vale almeno una visione.
A mio avviso è pieno di trovate a limite del geniale, e altre al limite dell’involontariamente comico, in generale mi è piaciuto, ma solo perché so di cosa è capace l’indiano pazzo 😉 Cheers!
Piccolo e psicolabile Nelliyattu . ♥
Io penso (e un po’ temo) che sia volutamente comico. Il futuro ci dirà se Shyamalan ha definitivamente svoltato verso il trash, perché i “segni”, a ben vedere, c’erano sin dall’inizio.
Potrei dargli una possibilità. Me ne ha parlato bene mio fratello che l'ha visto ieri. Ci devo pensare però, in genere gli horror mi annoiano tantissimo. Signs è appunto uno dei pochi che m'ha messo i brividi addosso.
Siamo molto lontani da Signs, purtroppo.
Però questo film, nel suo essere infinitamente ed orgogliosamente trash, ha un suo perché.
D'accordissimo con te anche se per me è e resta un no, proprio per i lati negativi che trovi, soprattutto per quel finale ORRIBILE che annulla ogni coerenza dei personaggi. E poi su, se Shallalalalà vuole fare un horror, che almeno faccia paura senza ricorrere ai soliti jump scare.
Comunque bellissima recensione, spero tornerai a scrivere un po' più spesso!
Lo spero anch’io. E grazie infinite! 🙂
Sì, il finale è indifendibile, però i jump scare, in quell’insieme pacchiano e goliardico, potremmo anche lasciarglieli passare…
Ultimamente questo regista sembrava uscito fuori dai binari del buon cinema, sono curioso di capire se è riuscito a rinsavire.
Il tuo parere (quasi) positivo mi fa ben sperare.
Quando parli di invecchiamento hai un talento innato per farlo sembrare ancora più inquietante. 😉
Sarà perché avverto anch’io l’inesorabile trascorrere del tempo? 🙂
Non so se “rinsavire” sia la parola adatta: semmai, con questo film, Shyamalan s’è ammattito del tutto. Ma a me va bene, eh. Meglio pazzo che con Will Smith. 😀