Fuori da un Evidente Destino (2006), di Giorgio Faletti

Io Uccido é di sicuro uno dei thriller più appassionanti degli ultimi anni, i suoi personaggi erano molto ben delineati e vi si alternavano momenti emotivamente toccanti e sequenze ad alta tensione. L’unico aspetto non apprezzabile è il risvolto patetico-sentimentale dell’ultimo capitolo (che avrei avuto voglia di strappare), ma è necessario aggiungere che è stato uno dei pochissimi casi in cui non si ha idea di chi sia il “cattivo” finchè non è stato l’autore a rivelarlo.
La situazione è stata ben diversa per Niente di Vero tranne gli Occhi, che mi deludente principalmente a causa della deviazione paranormale inaspettata che lo scrittore effettua ad un certo punto della narrazione, ma certamente il romanzo, grazie all’impatto emotivo ed ai personaggi ben studiati, è meglio di molti di quelli che vengono spacciati per best thriller in libreria (Patterson, ad esempio).
Venendo a Fuori da un Evidente Destino, verso il quale ero personalmente sfiduciata e prevenuta e verso il mi sono dovuta piacevolmente ricredere. Eccetto che per i capitoli iniziali, che oramai verranno chiamati “alla Faletti” per via delle eccessive e prolisse descrizioni tipiche dell’inizio di ogni suo romanzo, l’autore stravolge tutto quello fatto fin ora, presentandoci una storia che non è un thriller, non è un horror e non è neanche un Beautiful come detto da alcuni. Un romanzo che scava nella storia dei Navajo dell’Arizona, che evoca antichi spiriti e suggestive credenze, che intreccia il passato ed il presente di personaggi che avevano creduto e sperato di non rivedersi mai più. Il protagonista, Jim Mackenzie, un codardo, un mezzo sangue nel quale nemmeno il colore degli occhi sembra essere coerente, deve far ritorno ai suoi luoghi di origine a causa della morte del nonno, un capo indiano molto stimato che Jim aveva deluso in tutti i modi possibili. Dopo le cerimonie rituali Jim vorrebbe far visita ad un vecchio amico, una sorta di scienziato illuso e beffeggiato dalla vita, che Jim trova morto in un modo eccezionalmente innaturale (ed originale): Caleb Kelso ha tutte le ossa fratturate, come se fosse stato schiacciato da una pressa, senza però presentare ferite esterne. Coinvolto come testimone nelle indagini, Mackenzie è costretto a restare in Arizona ed a fare i conti con le tre persone che ha maggiormente ferito in vita sua: i suoi migliori amici di dieci anni prima. Oltre a tutto questo, però, è anche la storia di un uomo in viaggio per ritrovare se stesso (un romanzo odeporico, direi, se sapessi cosa significa esattamente) e che alle spalle ha un passato di rimpianti e rimorsi, un uomo che non sa cosa vuole e soprattutto non sa chi è, un uomo abituato “a guardare dall’altra parte”. Mi fermo qui per non anticipare altro; aggiungo solo che il finale, forse non del tutto inaspettato, mi ha quasi commossa e la lieve ironia delle ultime battute è degna di uno scrittore che conosce la vita e gli uomini meglio di chiunque altro.

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5 Comments

  1. deliriocinefilo 15/07/2007
  2. StepHania Loop 16/07/2007
  3. deliriocinefilo 16/07/2007
  4. amosgitai 21/07/2007
  5. StepHania Loop 21/07/2007

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