La Luna Fredda (2006), di Jeffery Deaver

Forse La Luna Fredda non sfiora l’incantata perfezione di altri lavori di Deaver, ma resta sempre una spanna sopra qualunque romanzo partorito da altre menti. Ritroviamo Lincoln e Amelia (“Tu ed io, Sachs. Tu ed io, Rhyme“), ma anche l’adorabile Lon Sellitto, l’esperto Mel Cooper, il giovane e impacciato Ron Pulaski, l’ambiguo Fred Dellray e il paziente Thom, che sono ormai di famiglia: abbiamo imparato a conoscerli sei romanzi fa ed ora non possiamo non amarli incondizionatamente. L’unico assente all’appello è Roland Bell. La narrazione ha inizio in una fredda notte d’inverno in una New York ancora scossa e terrorizzata da un possibile nuovo 11 settembre, ed è qui che un assassino colpisce due volte a poche ore di distanza, lasciando sulle scene dei delitti un orologio con le fasi lunari sul quadrante e un messaggio firmato “L’Orologiaio”. Come sempre l’indagine viene affidata a Rhyme ed alle sue truppe, sebbene la neodetective Amelia si stia già occupando di un altro intricato caso, la sua prima indagine autonoma, su di un uomo d’affari apparentemente suicidatosi. Ovviamente nulla è come sembra e niente viene raccontato per allungare il brodo. Occorre fare massima attenzione al modo in cui Deaver presenta i personaggi e diffidare di chi già non si conosce… A fare da alleata alla nostra squadra è un’esperta californiana di cinesica che per ovvi motivi sarà presto in conflitto con la mente cinica e scientifica del nostro beniamino. Ed è così che Deaver fa anche un’operazione molto rischiosa ed insolita: ci presenta Kathryn Dance, che sarà la protagonista del suo prossimo ciclo, e per introdurre questo geniale anello di collegamento è costretto a rallentare un po’ la narrazione, pur restando su canoni irragiungibili per altri, ribadisco. Spero solo che in favore di Kathryn, Deaver non abbandoni la coppia Rhyme-Sachs, perché io, come Lincoln, mi fido più delle prove che degli uomini. Purtroppo gran parte degli assidui lettori di Deaver e dei lettori occasionali ha stroncato questo lavoro. Mi permetto di dissentire a testa alta. Non venite a parlarmi di banalità, perchè il caro Jeff riesce ad intrecciare trame differenti facendole convergere in un finale imprevedibile, riesce a farci sospettare di tutti (talvolta anche di sè), riesce a farci passare la notte in bianco per l’avidità di comprendere. Non venitemi a dire che nei thriller l’assasino deve essere scoperto solo nelle ultime pagine perchè vi vengo a cercare a casa e chiudiamo il capitolo. Il tempo è un grande maestro, ma sfortunatamente uccide i suoi allievi.

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One Response

  1. Arry 02/07/2007

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