This Is Not a Democracy Anymore
Il problema di The Walking Dead non è che è brutto-brutto, se fosse brutto-brutto si smetterebbe di guardarlo, il problema di The Walking Dead è che su tredici episodi se ne salvano sì e no quattro. O ancora, il problema della seconda stagione di The Walking Dead è fondamentalmente Frank Darabont, o, meglio, l’assenza di Frank Darabont, licenziato – pare – all’inizio di questa seconda serie e la cui mancanza si fa enormemente sentire tanto dietro la macchina da presa quanto nello script.
Questa seconda stagione ha infatti avuto un calo non solo stilistico, ma soprattutto sceneggiativo. Si è passati dalle citazioni che sfioravano il plagio della prima serie, con le sue desolanti panoramiche, la sua analisi delle dinamiche della socialità post-apocalittica e il tema del viaggio tanto caro a questo tipo di prodotto, alle storielle di una famigliuola con il figlio un po’ scemo e la mamma un po’ soccola.
Già all’inizio della stagione, infatti, il cambio repentino di ambientazione (dalla vita da nomadi all’allegra fattoria del simpatico Hershel) e la galleria dei nuovi, banali personaggi avevano destato sospetti: in che modo gli sceneggiatori sarebbero riusciti a rendere interessante la nuova prospettiva di vita del neo-gruppo? Semplice: con la strategia soap opera. Non che non ci fossero degli spunti interessanti: la tragicomica tarantella del pozzo o la bastardata di Shane a Otis effettivamente si sono rivelati dei momenti credibili, ma sono ben presto stati accantonati in favore di assurde menate da film da primo pomeriggio estivo di canale cinque. Allo stesso modo, a poco è servito il preambolo su Sophia, che aveva fatto sperare in un miglioramento nel post-break invernale, perché, dalla ripresa in poi, a dominare non sono più gli erranti, ma le cornate da maschi dominanti tra Rick Sguardo Fisso e Shane Collo Frenetico: le classiche dinamiche di lotta tra soggetti alfa che potrebbero essere raccontate in qualsiasi salsa.
L’augurio che morissero tutti, uno per puntata, è stato frainteso, facendo schiattare, nel terzultimo episodio, proprio uno dei pochi (facciamo tre) personaggi interessanti, per cui non resta che tifare per il qualche tipo di asiatico e il giovane motociclista che sventra zombie per verificare che a pranzo abbiamo mangiato marmotte.
Il season finale recupera un po’ dal punto di vista dell’azione, scatenando un’ecatombe e aprendo però un paio di interrogativi di quelli di cui poi alla fine non frega un cazzo a nessuno. E se, in una serie sui non morti, gli zombie sono realizzati davvero male, beh, allora… Siamo a cavallo.
Il Cavallo. |
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Continuo a leggere commenti negativi. Penso che non vedrò mai questa seconda stagione. Mi era piaciuto il pilota e quindi mi ero visto la prima fino al sesto episodio, ma il livello si era già clamorosamente abbassato.
Vero, il pilot era davvero ipnotico e ben fatto, poi man mano anche nei primi episodi il livello scendeva. E la seconda serie va ancora più in basso, per cui ti consiglio di vedere al massimo i quattro episodi che si salvano. 🙂
ma nessuno crede che questa serie dovrebbe essere trasmessa un po' più tardi, senza troppi passaggi prono durante il giorno, visto che è una serie horror, per un pubblico adulto, abbastanza indifferente alla dissacrazione della morte e che evidentemente ha familiari che vengono assolti in cielo anziché decomporsi nelle tombe e quindi è completamente de-sensibilizzato?
Ciao Maria, benvenuta.
Parli della trasmissione in Italia? Onestamente sono poco ferrata al riguardo, ma il linea di principio sono d'accordo sull'annosa questione del "cosa mandare in onda e quando".
Però non capisco il tuo accennare al pubblico "indifferente alla dissacrazione della morte" e "completamente de-sensibilizzato"…