Cuore e Acciaio
Purtroppo da qualche settimana in questi lidi tutto tace – forse un giorno di questi quella sciagurata della mia autrice vi spiegherà il perché – ma il fatto è che in Italia è appena “successa una cosa” su cui è impossibile non spendere due righe. È uscito Lo Chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti, un film con una regia squisitamente elaborata, una sceneggiatura surreale e costruita, degli interpreti oltre ogni aspettativa e delle musiche da farti venir voglia di fermare un americano per strada e dirgli “guarda, senti, è un film italiano”.
Il film di Gabriele Mainetti è arrivato in sala dopo decine e decine di recensioni entusiastiche dalle anteprime, avallato anche da una campagna social brillante e mai scontata. Per mesi sulla pagina facebook ufficiale sono stati sapientemente postati clip e poster in grado di stuzzicare l’attenzione di chiunque, misti purtroppo a commenti di cervelli molto piccoli che additavano la pellicola di aver usato l’anime giapponese per attirare la gente in sala (che è un po’ come indignarsi se in Lo Chiamavano Trinità non c’è lo spirito santo, ma vabbé).
Tallonati dalla paura di assistere all’ennesimo fuoco di paglia, una settimana fa io ed il mio fedele scudiero (in realtà lui sarebbe il cavaliere, ma questo lo sappiamo solo io e voi) abbiamo fatto la bellezza di 50 km per vedere l’opera prima di Mainetti, un film distribuito sì, ma di certo non adeguatamente (questa però è un’altra polemica, e a mille ce n’è…). Dunque, com’è? Beh, com’è Lo Chiamavano Jeeg Robot è chiaro dopo pochi, pochissimi minuti: si apre con un inaspettato volo ad uccello su Roma, che poco dopo scende in picchiata sul nostro protagonista intento a scappare da qualcuno. Nel tentativo di sfuggire, Enzo (il cui nome verrà fuori soltanto dopo) avrà il famoso incidente, quello che nel genere supereroistico spesso (ma non sempre) conferisce i poteri all’uomo mascherato. Ecco, l’incidente di per sé probabilmente non brilla per originalità, però ha un retrogusto preciso e beffardo che non vi racconto, perché dovete vederlo ed assaporarlo da voi.
Ora veniamo al punto cruciale: Enzo (Santamaria), dopo l’incidente, fa ritorno a casa. Eh? Sì, c’è un tale che cammina sulla strada. Cruciale? Sì: saranno sì e no due minuti di girato, ma in questi due minuti ricordo di aver visto una panoramica, un primo piano, un carrellino. Due minuti sì e no, due minuti per capire una questione di fondo che verrà fuori in maniera prorompente nel resto del minutaggio: qua c’è della gente che ha voglia di fare un film. Non è così scontato, credetemi: là fuori è pieno così di gente che vuole fare i soldi, ma non ha voglia di fare un film. E anche se non state lì a notare i carrellini (e fate bene), nulla si crea, nulla si distrugge e tutto si trasforma: anche nello spettatore meno attento questa voglia di fare un film alla base viene tradotta in voglia di seguirlo con attenzione, questo film. È tutto un attimo, diciamo.
Il primo supereroe italiano, dicheno, e pò esse, dico io, anche se in Lo Chiamavano Jeeg Robot c’è molto di più dell’aspetto supereroistico. C’è Enzo Ceccotti, simbolo di una generazione nata quando era tutto nuovo e cresciuta mentre tutto andava in rovina, in una Tor Bella Monaca che rappresenta la periferia del mondo, quella periferia nella quale le cose rotte non si aggiustano perché tanto nessuno le nota. A lui si affianca la tenerissima Alessia, rimasta bloccata mentalmente all’età dei primi abusi, che trova certezze solo nel cartone animato (ai miei tempi si chiamavano così) Jeeg Robot d’Acciaio, nel quale è semplice distinguere il bene dal male ed attribuirvi un nome. Contrapposto ad Enzo e Alessia troviamo Fabio, detto Lo Zingaro, che tra una canzone di Anna Oxa ed una comparsata a Buona Domenica agogna il rispetto della sua gente, confondendolo, però, con il regime di terrore tipico del background malavitoso.
I riferimenti ad altre pellicole sono presenti e genuinamente riconoscibili, anche se su tutti sembra troneggiare quello alla trilogia nolaniana de Il Cavaliere Oscuro, di cui tanto si parla in questi giorni, con Morgan Freeman che dice che nessun Batman potrà mai più essere come quello di Christian Bale e Christian Bale che racconta quanto sia stato difficile confrontarsi con la bravura (purtroppo irripetibile) di Heath Ledger. La trilogia firmata da Nolan ha messo un paletto un po’ più in là ed è con questo paletto che l’intero genere dovrà confrontarsi da adesso in poi, che alla Marvel piaccia o meno. Mainetti lo sapeva, ma forse ancor più di lui lo avevano capito Nicola Guaglianone e Menotti, sceneggiatori di questo gioiellino, che tenendo ben presente quel paletto non cercano né di imitarlo né di emularlo, ma mettono su un plot che per profondità ed intelligenza sembra una perfetta conseguenza logica de Il Cavaliere Oscuro. Ad esempio, mentre il Joker di Ledger detestava la società attorno a lui fatta di apparenze, denaro e mafia, Lo Zingaro di Marinelli è talmente innamorato di quella stessa società che vorrebbe stringerla in un abbraccio, seppur mortale per entrambi.
Si diceva, nell’incipit di questo post, che gli interpreti vanno oltre ogni aspettativa. Claudio Santamaria (Enzo / Hiroshi Shiba), stimato da queste parti sin dai tempi di Almost Blue di Infascelli (2000), ricama un personaggio perfetto e perfettamente credibile in quel suo scazzo asociale che si trasforma in eroismo solo a seguito dell’ammissione di non sapere “come si fa”. Ilenia Pastorelli – che solo dopo ho scoperto essere una concorrente del Grande Fratello (e tutto torna) – delinea una Alessia impareggiabile, dolcissima e meravigliosa in quel suo strapparti via cuore e lacrime nella scena che la vede spoglia delle sue fantastiche convinzioni. E Luca Marinelli, oh, Luca Marinelli (Lo Zingaro) porta in scena un villain indimenticabile, un concentrato di repressione e voglia di rivalsa, un individuo determinato e violento con un “piacere, Fabio” che rivedi davanti agli occhi ogni volta che ci pensi. Un po’ come hanno fatto gli sceneggiatori con i film di genere, Marinelli prende i migliori cattivi del cinema – primo tra tutti il Buffalo Bill de Il Silenzio degli Innocenti, richiamato anche dallo stesso tatuaggio – e ne fa un mix personale ed esplosivo, tanto imprevedibile quanto indimenticabile.
La polemica sullo slang romanesco utilizzato lascia il tempo che trova, dato che persino io che fatico a capire dialetti e suoni che non mi appartengono sono stata esente dal famigerato effetto “cazz’ ha detto”, per merito degli attori in ballo, sicuramente, ma anche grazie ad un sonoro registrato – una volta tanto – come gli dèi, i vecchi e i nuovi, comandano.
Finalmente un supereroe italiano, dicheno. Già. Ma c’è tanto di più in Lo Chiamavano Jeeg Robot, c’è il coraggio di prendere un genere e modificarne il sapore pur lasciandone intatta la struttura portante, c’è il coraggio di osare, rischiando anche di non essere capiti, c’è il coraggio di camminare perennemente lungo la linea immaginaria che separa il trash dal cult, senza esitare mai.
Perché il film di Mainetti non è un film riuscito per essere italiano, è un film riuscito ebbasta. Anzi, è un film riuscito con il vantaggio di essere un film italiano, ovvero quello di avere un cuore grande così. C’è un sentimento così forte nel film di Mainetti che sembra restarti addosso anche fuori dalla sala, un sentimento che parte dalla bellissima storia d’amore tra Enzo e Alessia (ultimi tra gli ultimi) ed attraversa varie vicissitudini per approdare a quel simbolo semplice e contraddittorio che è l’abbraccio: un abbraccio può salvarti, un abbraccio può ucciderti, un abbraccio può renderti un supereroe.
L’opera prima di Mainetti ti dà quella sensazione che solo i grandi film riescono a regalarti: anche se non hai mosso un dito prima della sua uscita in sala, per il solo fatto di averlo visto, di averlo vissuto, lo senti un po’ tuo. Venitemela a chiamare un’emozione da poco, questa.
- Sceneggiatura
- Originalità
- Regia
- Fotografia
- Recitazione
- Cuore
Riassunto
Una regia squisitamente elaborata, una sceneggiatura intelligentemente costruita, degli interpreti oltre ogni aspettativa e delle musiche da capogiro: una nuova, vivissima, fiammeggiante speranza per il cinema di genere italiano.
E tu che voto daresti?
User Review
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( votes)Lo Chiamavano Jeeg Robot (Italia 2015)
Regia: Gabriele Mainetti
Soggetto: Nicola Guaglianone
Sceneggiatura: Nicola Guaglianone e Menotti
Fotografia: Michele D’Attanasio
Montaggio: Andrea Maguolo
Musiche: Gabriele Mainetti e Michele Braga
Cast: Claudio Santamaria, Luca Marinelli, Ilenia Pastorelli, Stefano Ambrogi et al.
Genere: drama, thriller, supereroi contro le forze del male
Data d’uscita italiana: 25 febbraio 2016
Se ti piace guarda anche: Batman Begins, The Dark Knight, The Dark Knight Rises.
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Non ho letto perchè ancora non ho visto il film, prometto di ripassare dopo la visione, mi basta il numero di stellette per ora, cavolo devo vedere questo film per forza!! 😉 Cheers
Devi vederlo, non hai scuse. Aspetto la tua opinione. 🙂
Miracolo italiano…ne ho parlato anche dalle mie parti, veramente un ottimo film…
Parole sante, Corro a leggere da te. 🙂
Arriva il dieci da me, yeeeeah!
Yeah! Dieci? Mah, dai, magari nove… 😉
Con questa recensione, sei riuscita ad abbattere le mie ultime riserve… non sono sicura di riuscire a vederlo al cinema, ma il bluray lo prendo di sicuro! ;D
Spero che gli riservino una seconda distribuzione, perché se la merita e perché in molte zone d’Italia non s’è visto. In un caso o nell’altro, bluray per tutti! 🙂
È stata proprio una sorpresa, peccato che non stia avendo il successo che merita, ma il pubblico italiano sembra non meritarsele certe cose.
Beh, non posso darti torto: rispetto ad un determinato tipo di commediola (capisciammé) ha fatto poca roba, anche se proprio oggi leggevo sulla pagina FB ufficiale che gli incassi non stanno andando così male.
Sono curiosissimo di vederlo!
L'hype si alza sempre di più.
Spero solo di vederlo presto.
Detto poco prosaicamente… è una grandissima cazzata, ma fatta meravigliosamente bene!! 🙂 poi quando scriverò la recensione cercherò di adottare un linguaggio più consono… 🙂
Ah ah! Io non l’ho trovato nemmeno così tanto “cazzata” onestamente. Per carità, non è un colossal storico, ma ha una direzione precisa e neanche tanto distaccata dalla realtà. Comunque aspetto il tuo commento privo di parolacce. 🙂
Il parallelismo inverso con "Il cavaliere oscuro" mi ha messo addosso una scimmia pazzesca :-Q____ spero di riuscire a vederlo in settimana, perché sono davvero curioso!
Salila, salila quella scimmia! 😀
Spero di riuscire a vederlo. Da settimane mi incuriosisce, mi pare possa essere un bel film. Il mio problema è che negli ultimi tre anni e mezzo (ovvero da quando è nata mia figlia) ho visto esattamente tre film al cinema: difficilissimo uscire la sera da soli! Ma mi pare ne valga la pena!
Sono strafelice che ti sia piaciuto! Anzi, i paralleli con il Cavaliere Oscuro non li avevo proprio captati… Brava!
In ogni caso, che filmone!
Film davvero splendido, concordo con la tua recensione 🙂 Ce ne vorrebbero molti di più, di Mainetti!
Non posso che concordare con questa sentita analisi. Film oltremodo notevole, sia nel suo far suo un genere non suo e sia nel riuscire a tenere un’armonia di fondo che lo rende sanguigno, coatto e curato. Dal secolo scorso non pagavo per entrare al cinema a vedere un film italiano e ne è valsa intensamente la pena. E non è una emozione da poco.
L'ho visto….mi son fatto 50 km ma ne è valsa la pena……
Quindi da oggi a mangiare yogurt fumando contemporaneamente e a cantare in macchina i pezzi di Anna Oxa?
ciao!
Ciao! Anche io ne ho dovuti fare di km per vederlo… Dal 21 aprile (pare) sarà distribuito in sala, magari proprio sotto casa mia (o tua). Vabbè, dai, vorrà dire che lo vedremo di nuovo! 😀
Davvero un capolavoro…
La considero una delle migliori pellicole dell’anno.